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Joker (2019): l'analisi della colonna sonora da Oscar di Hildur Guðnadóttir ha cambiato il modo di fare mus

24/03/2021 19:08

Chiara Maria D'Angelo

Approfondimento Film, Cinema e Musica, CineComics, DC Comics, Joker, Todd Phillips, Joaquin Phoenix, Hildur Guðnadóttir,

Joker (2019): l'analisi della colonna sonora da Oscar di Hildur Guðnadóttir ha cambiato il modo di fare musica per il cinema | Cinema e Musica

Una delle colonne sonore più originali degli ultimi anni è quella di Joker di Todd Phillips, scritta dalla compositrice islandese Hildur Guðnadóttir

Una delle colonne sonore più originali, attuali e moderne degli ultimi anni è quella di Joker di Todd Phillips, scritta dalla compositrice islandese Hildur Guðnadóttir 

La musica applicata alle immagini è solita essere tessuta come un arazzo. Si parte da un modello, da un’immagine con dei colori prestabiliti; si sceglie il materiale, che non è lasciato al libero arbitrio dell’artigiano, ma è vincolato al modello; infine, si procede con la tessitura della trama.

Il metodo standard utilizzato dai compositori di musica per il cinema, utile a garantire al regista e alla scena una continuità musicale, è un meccanismo di elaborazione dato da immagini specifiche, interiorizzate in ambito tecnico-strutturale ed estetico.

Una delle colonne sonore più originali, attuali e moderne degli ultimi anni - che ha ribaltato completamente la concezione “classica” di composizione per film, aprendo una disputa tra cultori e compositori - è stata scritta dalla compositrice islandese Hildur Guðnadóttir sotto espressa richiesta del regista Todd Phillips. Il film, lo avrete capito tutti, è Joker.

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Joker: la colonna sonora e le musiche

Prima di procedere con l’analisi della colonna sonora di Joker di Todd Phillips, è importante soffermarsi sui diversi tipi di musica presenti nel film. Infatti, come spesso accade, alla colonna sonora originale sono stati affiancati ben 36 brani di genere diverso e composti in periodi storici differenti.

 

L’utilizzo di pezzi, spesso di grande fama, fornisce alle scene una connotazione evocativa e ne aiuta la codifica andando a interagire con una sfera emozionale sonora già conosciuta dallo spettatore. Dimostrazione di questo è la scena, ormai cult, in cui il protagonista Joaquin Phoenix scende la scalinata abbandonandosi a una danza liberatoria sulle note di Rock and Roll Part 2 della glam-rockstar Gary Glitter; o l’inserimento della hit White Room dei Cream come cornice della sequenza finale, dove l’intera Gotham City è soffocata dalle fiamme.

Ben diverso è il ruolo che il regista e la compositrice hanno affidato alle composizioni originali. Se i brani che prescindono dal film sono volti a richiamare sensazioni interiorizzate dall’ascoltare/spettatore e a ridefinire la loro funzione a servizio delle immagini, la musica originale è invece la voce narrante e fuori campo delle emozioni del Joker.

 

Laddove non vi sono parole, ma solo mimica facciale, subentra come richiesta di liberazione il lamento degli archi della Guðnadóttir.

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Come nasce la colonna sonora di Joker

La genesi della colonna sonora di Joker segue un metodo del tutto estraneo alla comune costruzione della musica applicata alle immagini. Laddove questa, solitamente, viene stesa su un tappeto di sequenze precedentemente montate, in questa rara occasione, alla compositrice è stata fornita la sceneggiatura prima dell’inizio delle riprese e le è stata data assoluta libertà creativa.

L’effetto delle composizioni è stato talmente di ispirazione che ha addirittura influenzato l’interpretazione di Joaquin Phoenix.

 

Ha dichiarato l’attore di avere costruito il personaggio di Joker sulle emozioni scaturite dall’ascolto delle musiche di Guðnadóttir. Phoenix ha anche rivelato che il suo primo incontro con la colonna sonora è stato durante la scena del bagno, che gli ha ispirato quei suoi passi di danza, sofferenti e trasudanti di disagio.

Il disagio e la malinconia: le musiche di Joker

Provate a pensare a un’inquadratura dove, su sfondo nero, ci siano solo gli occhi di Arthur e la musica di sottofondo: anche senza scenografia e senza alcun tipo di dialogo, solo sentendo i brani di Guðnadóttir, saremmo lo stesso travolti da ogni singolo stato d’animo del protagonista.

Sono musiche che costringono all’empatia, quelle di Hildur Guðnadóttir. Non a caso la compositrice e violoncellista, ha scelto come organico delle sue composizioni strumenti ad arco e percussioni: i primi comunemente usati per trasmettere emozioni e malinconia, le seconde adite a scandire il tempo e a generare tensione attraverso accenti strutturali.

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Hildur Guðnadóttir tra riconoscimenti e hater

Nei “salotti accademici” si è discusso molto riguardo il talento musicale e l’ascesa di questa giovane donna nel mondo delle colonne sonore. Donna, purtroppo, è un elemento da sottolineare visto che si è trattato anche di una questione di genere: colpa del maschilismo che ancora predomina nel mondo della composizione, in troppi hanno affermato che la vittoria di Guðnadóttir agli Oscar 2020 nella categoria Migliore Colonna Sonora sia una sorta di “quota rosa” e non un riconoscimento alla reale bellezza e valore dei brani all’interno delle scene.

 

Secondo analisi strutturali, prettamente accademiche, le composizioni sono state giudicate scarne, prive di orchestrazione e ricerca: insomma, da molti la colonna sonora di Hildur Guðnadóttir è stata giudicata considerata acerba e poco originale.

Ammettendo anche alcune similitudini con la poetica compositiva di Ramin Djawadi, quale l’uso dello sforzato e del basso degli archi come anticipatore di sensazioni negative e, quindi, il richiamo a brani già esistenti (si pensi alle prime battute di Mother of Dragons di Game of Thrones), dal punto di vista drammaturgico, Guðnadóttir è stata invece particolarmente minuziosa nel creare una colonna sonora perfettamente funzionale al messaggio filmico. Qui, la musica fa da connessione tra il protagonista e la psiche dello spettatore.

Il trionfo della musica sulla sceneggiatura ha reso il potere suggestivo dei suoni e delle frequenze necessario alla rappresentazione scenica.

 

Il tempo espressivo musicale si è fatto quindi alternativa alla struttura prosodica del discorso. Le musiche di Hildur Guðnadóttir per Joker hanno inaugurato una nuova era per la composizione applicata alle immagini: si è avviato un processo di rottura dei limiti di rappresentazione a cui la musica è vincolata e, a poco a poco, il divario linguistico che vede l’arte visiva come atto comunicativo d’impatto e la musica come mera accompagnatrice, si sta facendo più flebile.

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