15 sono gli anni che il Premio Oscar Damien Chazelle ha dedicato alla realizzazione del suo ultimo lavoro, Babylon, quinto film del regista in sala con Eagle Pictures dal 19 gennaio.
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Questa pellicola così carica di aspettative ha in realtà diviso parecchio la critica, perché il film non è certamente quello che definiremo fruibile: oltre tre ore di sfrontatezza estrema e ciclotimie che ruotano attorno al fantastico mondo cinema, raccontato in maniera poco onirica e decisamente carnale, che lo spettatore sente più nello stomaco che vicino al cuore.
Partiamo dal tema del film: sembra ormai una tendenza consolidata quella del "cinema che si racconta", quella dei registi che dedicano una loro pellicola all’amore per questa splendida arte. Dal più recente Steven Spielberg a Cuaròn, Inarritu e così tanti altri.
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È ormai diventata una necessità artistica l’urgenza di fare un film che sancisca in maniera definitiva che per avvicinarti alla Settima Arte devi essere pronto a donarti incondizionatamente, nel bene e nel male, soprattutto nel dolore fisico, emotivo, che un mondo così totalizzante cela mostruosamente in sé.
Anche in questa pellicola, anzi in questo kolossal, Chazelle si getta a capofitto nel suo, di cinema, realizzando un film autocitazionista all’estremo, che strizza l’occhio a Luhrman, a Tarantino, a Fellini.
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Una pellicola che inizia con un mastodontico elefante destinato a una lussuriosa festa di un magnate del cinema in cima a un vecchio furgone, che porta lo spettatore in questi 180 minuti di delirio orgiastico, costato oltre 80 milioni di dollari, esagerato nella lunghezza, nel disgusto visivo, nell’arroganza scenica, negli estremi emotivi dello spettro dei sentimenti.
Babylon è un omaggio alla Hollywood degli anni Venti del secolo scorso, ma non alle sue splendide luci.
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È nell’oscuro, nelle rughe di dolore di un viso splendido, che indugia la macchina da presa del regista, che da subito ci getta in pasto al delirio carnale, alle droghe e al sesso osceno per decostruirne il mito.
Siamo nel 1926 e il cinema muto si impone come un mondo fantastico che attira giovani dai sogni di gloria e che fa nascere stelle.
Ma no, non ha nulla a che vedere con La La Land il racconto di questi due splendidi protagonisti Manuel (Diego Calva) e Nellie LaRoy (Margot Robbie), che si incontrano alla festa e che decidono di dedicare la loro vita al cinema, prima di ‘sparire nel buio’.
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È la storia del loro destino insieme a quella della star di quegli anni, Jack Conrad (Brad Pitt) le tre principali piste narrative attorno alle quali ruota la sceneggiatura di Babylon, la loro ascesa e caduta definitiva.
Un racconto corale che coinvolge diversi personaggi secondari: c’è la critica Elinor St. John (Jean Smart), il musicista nero Sidney Palmer (Jovan Adepo), il malavitoso James McKay (Tobey Maguire).
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Ogni personaggio è simulacro di devianze che appartengono al mondo cinematografico, che vengono presentate per accumulo, in maniera bulimica.
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Una Babilonia barocca, strabordante, che alterna rumori assordanti al silenzio leggero e pesante insieme del cinema muto, in splendide sequenze alternate. Dio punì Babilonia perché gli uomini osarono sfidarlo, e la torre di Babele di linguaggi diversi disperse gli esseri umani sulla terra, condannandoli a non capirsi più.
In questa splendida allegoria risiede il racconto del passaggio dal muto al sonoro, e il destino beffardo che spinse le star del cinema muto a un lento e triste epilogo, perché incapaci di riprodurre sullo schermo le stesse emozioni attraverso la recitazione vocale.
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Così la lingua condanna le star del cinema muto e la morte è, in realtà , azione rigenerante in questo ciclo che è rappresentato dal cinema stesso, che è azione maieutica e distruttrice insieme. Il sonoro uccide il cinema muto, ma il technicolor gli dona nuova vita, il cinema rinasce, si combina, si trasforma. L’ossessione attorno al cinema è insieme vita e morte, amore e depressione.
Così, forse più vicino al mondo claustrofobico e compulsivo di Whiplash, Babylon racconta il sangue e il dolore attorno alla macchina da presa; racconta le depravazioni trascinandoti giù negli inferi per poi farti volare su, in alto, in scene di lirismo assoluto quando la giusta luce naturale illumina perfettamente la scena, e tutto è poesia. Ma a un certo punto questo racconto eccessivo e improvvisato rompe gli argini e si spande portando con sè troppo: mille generi, troppe piste narrative, tutto diventa davvero estenuante.
Babylon è una conversazione acida con la storia del cinema, che indugia sulla sporcizia, gli escrementi e il vomito: questo fa si che il film da delirio sul cinema diventi delirio in sé, perdendosi totalmente in questa fame di tutto, sfiancando lo spettatore. La sensazione finale è di aver mangiato qualcosa di molto buono che però rimane indigesto.
Titolo originale:Â Babylon
Paese, anno:Â Stati Uniti, 2022
Genere: commedia, drammatico
Regia:Â Damien Chazelle
Sceneggiatura:Â Damien Chazelle
Fotografia:Â Linus Sandgren
Montaggio:Â Tom Cross
Interpreti: Spike Jonze, Jonah Platt, Sean O'Bryan, Katia Gomez, Robert Beitzel, Jean Smart, Chloe Fineman, Karolina Szymczak, Ana Coto, Carol Jefferson, Brad Pitt, Eric Roberts, Flea, Lukas Haas, Margot Robbie, Max Minghella, Olivia Wilde, P.J. Byrne, Samara Weaving, Tobey Maguire, Jeff Garlin, Mike Gassaway
Musiche:Â Justin Hurwitz
Casa di Produzione: Paramount Pictures, Wild Chickens Productions, Marc Platt Productions, Organism Pictures, Material Pictures, C2 Motion Picture Group
Distribuzione:Â Eagle Pictures
Durata: 189’
Data di uscita:Â 19/01/2023