Nel 1994 Alex Proyas non poteva prevederlo, ma avrebbe diretto un film dannato; nell'accezione più malinconica e imprevedibile del termine. Tratto dall'omonima graphic novel - ideata, scritta e disegnata da James O'Barr - Il Corvo è l'ultimo film di Brandon Lee, che, ironia della sorte, lo ritrae nei panni di un non-morto alla ricerca dei suoi assassini. Col senno di poi, le analogie tra l'attore e il personaggio da lui interpretato, Eric Draven, sono a dir poco inquietanti. Scavano talmente a fondo nella psicologia dell'uomo dietro la stilizzata maschera da clown da evocare un legame divino, un matrimonio oscuro.
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La trama è essenziale nella sua semplicità eppure carica di potenza emotiva. La vendetta per l'uccisione brutale della sua adorata Shelly porta Eric a ritornare nel mondo dei vivi grazie all'aiuto di un corvo, simbolo di rinascita e giustizia divina. Simbolicamente opposto al mito greco di Caronte, il corvo non traghetta le anime nell'aldilà , ma le riporta tra i vivi per concludere ciò che era rimasto in sospeso. Eric, nel suo viaggio di vendetta e redenzione, si confronta con una società distopica e decadente, un inferno terreno dominato da uomini corrotti e perversi, il cui motto "fuoco e fiamme" descrive la violenza e il caos che li governano.
Proyas dirige con una mano stilistica che punta meno sull'innovazione tecnica e più sulla costruzione di un mondo oscuro e atmosferico. La fotografia gioca sui contrasti netti di luci e ombre, amplificando la sensazione di desolazione e squallore. Gli scorci di una città in rovina vengono enfatizzati dalla graffiante colonna sonora alternative rock, con brani di The Cure, Nine Inch Nails e Pantera che fungono da colonna portante emotiva e culturale. Ogni scena sembra scandita da una pulsazione sonora che ne amplifica il significato, trasformando la musica in un personaggio invisibile ma centrale.
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Il cuore pulsante del film è Brandon Lee. La sua interpretazione di Eric Draven è magnetica, sospesa tra la tragedia personale e l'energia di un giustiziere soprannaturale. Dietro la maschera e il trucco, l'attore dona al personaggio una profondità emotiva che trascende la vendetta, trasformandolo in un simbolo universale di perdita, dolore e resurrezione. Le battute pronunciate con la voce italiana di Luca Ward aggiungono ulteriore intensità , conferendo a Eric un'aura epica e struggente.
L'ossessione per la vendetta, la violenza come linguaggio universale e la morte come ponte per la vita sono temi centrali che riflettono l'estetica e le inquietudini degli anni '90. In questo contesto, Il Corvo diventa più di un semplice film d'azione o una trasposizione fumettistica: è un'opera che si interroga sulla natura dell'umanità e sul ciclo eterno di amore e perdita. La sceneggiatura, pur alleggerendo alcuni aspetti della graphic novel originale, mantiene citazioni letterarie e spunti filosofici che arricchiscono la narrazione.
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Il film si conclude con una dedica a Brandon ed Eliza, la coppia che avrebbe dovuto sposarsi al termine delle riprese. Ma il destino aveva altri piani. Come accaduto con suo padre, Bruce Lee, Brandon trovò la morte in circostanze misteriose durante un ciak: una pistola di scena, erroneamente caricata, sparò un proiettile rimasto in canna, uccidendolo sul colpo. Questo tragico incidente gettò un'ombra sulla produzione e segnò profondamente il pubblico, trasformando Il Corvo in un cult già prima della sua uscita ufficiale. Nonostante l'impatto della tragedia sugli incassi e sulla percezione del film, Il Corvo rimane un'opera unica e poetica, un simbolo immortale della "dark generation" degli anni '90. È l'ultima, toccante e memorabile interpretazione di Brandon Lee, che continua a vivere nel mito di Eric Draven: un uomo che torna dalla morte per amare, vendicare e, infine, trovare la pace. La sua eredità è quella di un artista il cui talento e carisma hanno lasciato un segno indelebile nella storia del cinema.