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Ballroom - Gara di ballo

26/05/2009 10:00

Antonella Sugameli

Recensione Film,

Ballroom - Gara di ballo

La pellicola è un inno al colore e alla musica...

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La pellicola è un inno al colore e alla musica. Baz Luhrmann è un maestro di entrambi, lo ha dimostrato anche nei suoi lavori successivi: Romeo+Giulietta, Moulin Rouge e Australia, pellicole realizzate dopo anni di gestazione, che lo hanno consacrato al successo di critica e di pubblico. Regista visionario, creativo, anticonformista, versatile e perfezionista, nasce e cresce artisticamente in Australia ed esporta il suo personalissimo modo di fare ed interpretare il cinema in America e in Europa, unicum assoluto. Come il personaggio di Ballroom, osa ed apporta novità alla poiesis cinematografica, mai pago dei risultati raggiunti , così si confronta sempre con nuovi soggetti e tematiche. Le sue pellicole pullulano di “tipi” tratteggiati ad arte, proiezioni di un sé più vicino a chi il cinema non lo fa ma si limita ad osservarlo. Il pubblico partecipa, vive e si emoziona, è fruitore attivo di ogni sequenza: ride, si arrabbia, si commuove, s’intenerisce inevitabilmente.


Scott non vince il titolo interregionale "Stella del sud" perché ha avuto l’ardire di introdurre passi nuovi durante la gara, l’obiettivo più importante ora è vincere il Pan-Pacific Gran Prix, trofeo agognato ed ambito da tutti i professionisti del ballo di sala. Abbandonato dalla compagna di paso doble, decide di non partecipare all'agone, ma Fran (Tara Morice) timida e impacciata dilettante lo incoraggia a osare ancora. ”Perché vivere nella paura è come vivere a metà”. Al di là di ogni stereotipo o struttura narrativa già collaudata, da Dirty dancing, a Flash dance, per finire con Step up, Luhrmann riesce a sganciarsi e a scansare qualsivoglia definizione, pioniere di un modus cinemandi tutto suo. Se gli ingredienti possono far pensare ad un piatto già gustato precedentemente e decorato con tante salse per confonderne l’insipido sapore, spiace dirlo ma il risultato è, invece, originale, sensuale, esilarante, piacevole ed assolutamente inaspettato: uno spettro aromatico che va dal piccante all’agro-dolce.


Il cineasta dosa magistralmente ironia, dramma sentimentale e commedia all’americana, sfiora provocatoriamente ciascuno di questi generi, non facendone suo nessuno. Un ruolo non da poco è svolto dalla fotografia curata da Steve Mason e dal montaggio di Jill Bilcock. Il regista gioca con la macchina da presa: il fermo immagine, il rallentamento della sequenza fino al parossismo della scena finale, esaltano l’enfasi e l’attesa di cui si pregna ogni fotogramma, per non parlare delle musiche. Viene voglia di scendere in pista e lasciarsi trasportare dal ritmo.


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