A distanza di tre mesi dal diffondersi del virus in grado di riportare in vita i morti, il 99% della popolazione mondiale non esiste più. Uno sparuto gruppo di sopravvissuti cerca di abbandonare il suolo inglese per rifugiarsi nella vicina Olanda. La conferma di quanto The Zombie Diaries non fosse affatto un'improvvisata cometa horror arriva direttamente dal suo successore: se possibile ancora più calibrato del prototipo. Michael Bartlett e Kevin Gates portano a termine il loro raffinato esercizio di stile tornando a compattare passione per la tradizione di genere e attenzione nei confronti della contemporaneità del panorama di riferimento. The Zombie Diaries 2 rappresenta tutto ciò che un appassionato di zombie-movie non dovrebbe assolutamente lasciarsi sfuggire: c'è Romero, citato tanto per Il giorno degli zombie (la base militare) quanto per La città verrà distrutta all'alba (i flashback con i militari in tuta bianca), Danny Boyle (l'ambientazione anglosassone così come i riferimenti temporali, che avvicinano la pellicola a 28 settimane dopo), ma soprattutto un'atmosfera da survival-movie che inevitabilmente rimanda ad un altro regista britannico: Neil Marshall, chiamato in causa tramite la costruzione del personaggio femminile interpretato da Anna Blades, che parecchio ricorda le eroine del gentil sesso ammirate in The Descent e Doomsday. Riproponendo all'attenzione dello spettatore i sopravvissuti al primo The Zombie Diaries - Vanessa (Anna Blades) e Goke (Russel Jones) - gli autori Bartlett e Gates non fanno altro che mettere in scena una sorta di antagonismo tra estrazione borghese e provenienza proletaria, che scintilla nella caccia all'uomo in aperta e innevata campagna, come se ci si trovasse in una versione riveduta e corretta di Un tranquillo weekend di paura. L'epidemia in grado di riportare in vita i morti non solo avvicina pericolosamente allo zero la popolazione umana così come la ricordavamo, ma addirittura consegna le chiavi della sopravvivenza alle classi che un tempo, proprio per la loro violenza di comportamento e brutalità d'educazione, venivano costantemente confinate ai margini della società. Ne consegue un affascinante parallelismo che, attraverso la figura dei militari riservisti, collega The Zombie Diaries 2 a Dog Soldiers di Marshall, completando quindi la chiusura del cerchio con la sotterranea citazione de I guerrieri della palude silenziosa di Walter Hill, peckinpahiana pellicola che altro non faceva se non mettere a confronto il ribaltamento di ruoli tra prede e cacciatori in un contesto naturale insidioso, dove gli invasori (anch'essi militari riservisti, armati di soli fucili a salve proprio come in Dog Soldiers) finivano per pagare con la vita lo sgarro di presunzione effettuato nei confronti degli abitanti di una palude. Questo secondo capitolo sottoscrive ciò che il prototipo aveva di fatto ampiamente sottolineato: quello di Bartlett e Gates è horror sociologico. I veri morti siamo noi.