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Mission: Impossible

26/12/2011 12:00

Erika Pomella

Recensione Film, Film Azione, mission impossible,

Mission: Impossible

Jim Phelps (Jon Voight) ha guidato la sua squadra di agenti speciali della IMF (Impossible Mission Force) in una trappola...

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Jim Phelps (Jon Voight) ha guidato la sua squadra di agenti speciali della IMF (Impossible Mission Force) in una trappola. Nel tentativo di smascherare un terrorista, Jim e i suoi uomini vengono uccisi. L’unico a sopravvivere è l’agente Ethan Hunt (Tom Cruise) che subito viene sospettato di essere la talpa all’interno della IMF. L’agente, infatti, viene a sapere che l’operazione praghese altro non era che una messinscena per svelare l’entità del traditore che vende informazioni dell’organizzazione a malviventi e terroristi. Spinto dal desiderio di provare la propria innocenza, Ethan riceve l’aiuto di Claire (Emmanuelle Béart), moglie di Jim, che gli presenta Luther (Ving Rhames) e Franz (Jean Reno). Insieme ai due alleati, Ethan riesce ad entrare in possesso di una lista di tutti gli agenti operativi e, fingendo di essere il traditore, incontra Max (Vanessa Redgrave). L’agente della IMF ancora non sa di essere una pedina all’interno di un gioco orchestrato da qualcuno dietro le quinte; per Ethan inizierà una vera e propria caccia all’uomo che, tuttavia, lo porterà alla crudele verità.


Tratto dall’omonima serie televisiva trasmessa in Italia a partire dal 1966, che poneva al centro della narrazione il Jim Phelps interpretato da Peter Graves, Mission: Impossible è soprattutto una pellicola di Brian De Palma. Storia di spionaggio e d’azione, sul piano meramente drammaturgico, il film in sé e per sé non presenta elementi degni di nota; il tutto sembra provenire da una cultura cinematografica da tempo diffusa, che gioca su cliché e topoi incastonati nell’immaginario dello spettatore medio. Esplosioni e machiavellici intrighi sono all’ordine del giorno in un genere – quello spionistico/d’azione – che, dopo gli alti livelli raggiunti da capolavori come Intrigo Internazionale o Vertigo di Alfred Hitchcock, sembra essersi arenato in uno schema semplice e di sicuro successo. La sceneggiatura, scritta da David Koepp e Robert Towne, non osa più di tanto per allontanarsi da questo modus operandi, accontentandosi di raccontare una storia che possa tenere banco per un numero imprecisato di minuti. Ma è proprio l’esperienza di De Palma che salva l’intera operazione, considerato il padre della New Hollywood, e filmmaker da sempre interessato ad una messinscena colma di tensione e di forte impatto visivo (si pensi ad esempio alla sequenza in cui un’inondazione travolge il tunnel della Manica). Non a caso si è parlato di Hitchcock: il regista di Carrie e Gli Intoccabili è uno dei più assidui ammiratori del maestro del brivido, il cui stile spesso viene richiamato proprio nell’utilizzo della tensione. In Mission: Impossible De Palma dà l’ennesima prova di questa ammirazione scegliendo tempi e punti di ripresa che si pongono al servizio di una costruzione diegetica dal ritmo sincopato, che si rivolge allo spettatore grazie a una rete di attese colme di ansia, miscelata alla forte componente spettacolare.


A differenza della serie televisiva, incentrata sul personaggio di Jim – qui interpretato da un credibile Jon Voight – la pellicola di De Palma pone il suo sguardo voyeuristico sul giovane Ethan Hunt, eroe scintillante che porta il marchio Mission:Impossible verso il nuovo millennio. Affascinante e atletico, Tom Cruise fugge tra Londra e Praga, ammiccando verso la macchina da presa, imprimendo al suo personaggio la riuscita miscela di onore e spacconeria. In una ragnatela colma di maschere e voltafaccia, il volto riconoscibile e rassicurante dell'attore americano guida lo spettatore in una pellicola che, non presentando pretese che vadano al di là del puro intrattenimento di genere, diverte senza mai stancare.


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