David (Brian Geraghty) è un impiegato di uno studio finanziario, da molto tempo affascinato dalla collega Emily (Alice Eve). Durante la festa aziendale per le festività natalizie, David si fa coraggio e chiede alla ragazza di uscire insieme. A loro si unisce Corey (Josh Peck), miglior amico di David, che porta i due fuoristrada per prelevare ad uno sportello bancomat. Nella notte gelida i tre scopriranno di essere prigionieri all’interno dello sportello, alla mercé di uno psicopatico intenzionato ad ucciderli. Ideato dall’estro creativo di Buried, Atm – trappola mortale vuole, nelle intenzioni, ricreare lo stesso stato di tensione e attesa che già aveva caratterizzato il film di Rodrigo Cortés. Tre giovani dell’upper class americana rimangono imprigionati loro malgrado in uno sportello bancomat, prede di un uomo sconosciuto, che non mostra motivazioni o ragioni plausibili al proprio ossessivo bisogno di stroncare vite. Ma, se da un lato il villain viene individuato subito nel boogeyman fuori dallo sportello, dall’altro i giovani protagonisti dovranno vedersela con la propria impotenza di fronte al conflitto, scoprendo nemici ben più minacciosi negli angoli bui della loro coscienza. Già teorizzato e dogmatizzato da Polanski, il concetto che un piccolo gruppo di esseri umani, costretti in uno spazio chiuso, rinunci a qualsiasi tipo di legge civile e comportamentale, viene ripreso da Chris Sparling, ossessionato dallo stesso tema, senza tuttavia riuscire a raggiungere le vette del precedente Buried. Alcune scelte narrative risultano poco credibili se non addirittura forzate dal bisogno di arrivare ad una conclusione. E l’angoscia spesso lascia il posto ad una serie di interrogativi che rallentano la fruizione della pellicola. In un mondo come quello attuale, dove il continuo progresso tecnologico ha offerto una falsa sensazione di sicurezza, lo sceneggiatore Chris Sparling descrive la parabola discendente di tre persone che proprio dalla tecnologia vengono traditi: il cellulare non funziona, le riprese del circuito chiuso mentono, il lettore di sicurezza è guasto. David Brooks, al suo esordio cinematografico, mette le macchine da presa al servizio dell’escamotage di Sparling, cercando di restituire allo spettatore un senso di claustrofobica angoscia in contrapposizione alla vastità di un parcheggio deserto che rimanda con potenza l’assenza di una qualsiasi forma di civiltà . Il risultato è un film non completamente riuscito, che oscilla in continuazione tra il thriller e la farsa, anche per via di interpretazioni spesso sopra le righe che esasperano chi è seduto in sala.