È difficile, se sei un produttore, resistere all’impulso di cavalcare l’onda di un successo planetario, rinunciando a finanziare sequel tutt’altro che fondamentali dal punto di vista narratologico, ma estremamente remunerativi in termini di incassi. Ecco allora che a due anni di distanza dalla commedia American Pie arriva nelle sale di tutto il mondo American Pie 2, che vede un cambio al timone: i fratelli Weiz lasciano il posto a James B. Rogers, regista meno esperto e capace, ma che sembra non avere alcun tipo di freni inibitori. Caratteristica, questa, che appare quanto mai indovinata per il secondo episodio di un franchise che fa del sesso e della mancanza di pudori la via privilegiata per irretire un determinato target spettatoriale, già pronto a farsi guidare, di nuovo, nelle improbabili avventure sessuali di un gruppo di ragazzi. La prima volta ormai è un ricordo lontano: superate le crisi e le problematiche legate all’etichetta di “vergini”, Jim, Oz e Kevin sono reduci dall'esperienza del college. L’estate è alle porte e, concluso il primo anno di corsi universitari senza troppi problemi, i ragazzi non vedono l’ora di sbizzarrirsi e riprendere la stagione dell caccia. Se il primo American Pie trovava la sua ragione d’essere nel ritratto schizofrenico di adolescenti alle prese con i primi rapporti sessuali, questa seconda puntata appare immediatamente come puro prodotto commerciale, capace di far entrare nelle casse della Universal incassi da capogiro. Il film, che ritrova Adam Herz alla sceneggiatura, non tenta in alcun modo di celare questa sua natura parassita, tanto da riproporre situazioni e inquadrature del tutto complementari a quelle del primo episodio. Se quest'ultimo si apriva con la scena in cui Jim veniva colto dai genitori mentre si masturbava, nel sequel lo sfortunato ragazzo viene interrotto mentre cerca di portare a termine il secondo, faticosissimo rapporto sessuale con una collega universitaria. Il problema del film di Rogers, in effetti, sta proprio in questo continuo senso di deja-vu e in una totale mancanza di ricerca che possa diversificare il film dal predecessore. Anche perché se nel primo film il macguffin per far evolvere la vicenda era la famosa “prima volta”, adesso questo sacro traguardo esistenziale decade, lasciando solo il ritratto sconclusionato e volgare di un gruppo di ragazzini che tentano convulsamente di fare sesso. Sentimento tutt’altro che innaturale, ma che in questo secondo episodio viene spinto oltre i limiti del demenziale. Accompagnato da una colonna sonora di tutto rispetto, e reso divertente da alcune situazioni riuscite (i tentativi di sesso telefonico tra Oz e Heather, ad esempio), American Pie 2 è – ancora più del primo episodio – una pellicola destinata ad un pubblico specifico che tende ad escludere tutti gli altri. Con gli incassi del primo American Pie alla mano, tuttavia, questa scelta non si dimostra affatto sbagliata. Ma di certo nemmeno coraggiosa.