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Mea Maxima Culpa - Silenzio nella casa di Dio

20/03/2013 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Mea Maxima Culpa - Silenzio nella casa di Dio

Dal regista premio Oscar Alex Gibney, un documentario shock racconta lo scandalo della pedofilia clericale a partire dalla vicenda di Padre Lawrence Murphy, dir

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Dal regista premio Oscar Alex Gibney, un documentario shock racconta lo scandalo della pedofilia clericale a partire dalla vicenda di Padre Lawrence Murphy, direttore della St. John's School di Milwaukee nel Wisconsin, autore, tra il 1950 e il 1974 di abusi sessuali su 200 bambini. Tra essi anche i 4 sordomuti protagonisti, che oggi, ormai uomini, raccontano – tra responsabilità taciute e ben nota omertà vaticana – una delle più vergognose macchie della Chiesa Cattolica degli ultimi decenni.


Dal profondo Wisconsin ai palazzi vaticani della Curia di Roma, fino all’attenzione papale: a quante e quali orecchie sono arrivate le denunce degli abusi di Padre Lawrence della St. John's School? Dopo il successo di Taxi to the Dark Side, secca denuncia delle torture americane in Afghanistan – documentario Premio Oscar 2008 - Gibney torna al suo stile diretto e crudo per raccontare gli incresciosi fatti della St. John's, un caso di pedofilia particolarmente delicato, in quanto annovera fra le vittime bambini e adolescenti sordomuti. A partire dalle cronache, le testimonianze e i racconti degli ormai adulti Terry Kohut, Gary Smith, Pat Kuehn e Arthur Budzinski, vittime di Padre Lawrence, la narrazione ricostruisce alcuni dei più celebri casi di pedofilia clericale approdati alle cronache internazionali, coinvolgendo gli ultimi papi – Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – in alcune delle più riuscite operazioni di copertura e insabbiamento di crimini commessi ovunque nel mondo, da Milwaukee alla cattolicissima Irlanda sino al Messico - da parroci, missionari ed educatori rispondenti alla Chiesa romana.


Sulla scia della tendenza documentaristica più in voga nelle produzioni statunitensi, Gibney produce un docu-film a metà tra l’inchiesta e la fiction. Molte infatti le ricostruzioni sul set e gli espedienti cinematografici di montaggio finalizzati a coinvolgere il pubblico in un’unanime condanna dei crimini dei sacerdoti pedofili ma anche della reazione della Chiesa cattolica. Tuttavia, Al contrario di quanto fatto nel precedente lavoro, la cui trama di violenza e guerra giustificava, almeno in parte, lo stile grezzo e asciutto adottato, in Mea Maxima Culpa la drammaticità e la delicatezza dei fatti raccontati e delle circostanze, crimini operati contro i bambini, le scelte di docu-fiction del regista statunitense non convincono fino in fondo rivelandosi talvolta di cattivo gusto, soprattutto laddove indugiano troppo – tra una fotografia di belle ombre, concitate testimonianze e irreali recitati - sul lato lascivo della vicenda. Parallelamente ad un più riuscito – seppure a tratti dichiaratamente pretestuoso – rendere conto delle indagini su Lawrence Murphy, sul dossier presentato alla Corte dell’Aja dalla SNAP (Survivors Network of those Abused by Priests) e sulle consequenziali scelte omertose del Vaticano, Gibney pare soffermarsi oltre misura su dettagli a sfondo erotico che oppongono il lato fisico/sessuale del crimine all'origine religiosa dei suoi accusati. Tra minuziose, e troppo cinematografiche, ricostruzioni degli incontri tra Lawrence Murphy e le sue vittime, tardive richieste d’aiuto piene di pathos, e testimonianze - poco giudiziarie e molto televisive - raccolte in giro per il mondo, Gibney lascia emergere una dura e già stilata condanna nei confronti di una Chiesa malata di cui si fa narratore. Nonostante l’evidente indignazione del regista nei confronti dei fatti raccontati, in Mea Maxima Culpa tale sentimento, anche laddove riesce a pervadere lo spettatore alla bocca dello stomaco, non riesce a realizzarsi con efficacia in una compita denuncia. Diversamente dalla cura giornalistica e dalla sensibilità autoriale dimostrata in Taxi to the Dark Side, stavolta Alex Gibney pare dirigere un’opera impulsiva, arenata fra le carte giudiziarie e gli archivi segreti. Ancorato ad un malessere e ad una rabbia diffusa, il regista statunitense liquida il suo film sull’onda emozionale delle cronache del momento, puntando a fare discutere ma senza tuttavia riuscire a interrogarsi fino in fondo sui mali della Chiesa in quanto potentato e controversa, decisionale entità politica.


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