Difficile l'approccio narrativo di Vado a scuola: nel mostrare quattro ragazzi provenienti da zone povere del mondo e il loro arduo percorso giornaliero per giungere nelle rispettive scuole, si rischiava infatti di cadere nel pietismo e nella compassione, nella retorica a buon mercato e nel populismo più infimo. Il regista Pascal Plisson è abile a schivare tutto questo, perché la sua pellicola non è accusatoria verso nessuno. Le vicende dei quattro ragazzi protagonisti sono viste nel modo più oggettivo possibile: mostra i problemi sociali come realtà effettive nella vita dei protagonisti, ma non instilla sentimenti di colpa nè proclama facili vittimismi. Dato questo merito, di Vado a scuola non resta molto sia a livello di contenuti che di forma cinematografica. L’interesse scaturito dalle vite dei bambini, costretti a viaggi fisicamente probanti per ottenere un’istruzione e la possibilità di costruirsi un futuro, esaurisce subito. Non c’è pathos o tensione nei percorsi di ogni ragazzo. Il pericolo corso da Jackson, bambino Kenyota che deve scampare agli animali della savana non si avverte mai; il viaggio a cavallo di Carlos, il ragazzo che abita in Patagonia è tranquillo e senza ostacoli, escludendo la lunghezza della strada. Meglio si prova a fare con Zahira, la bambina marocchina che deve percorrere le montagne dell’Atlante, dove la fatica viene contrastata dalla volontà di ferro della ragazzina e dal suo desiderio di imparare. E Samuel, ragazzo indiano costretto su una sedie a rotelle che viene portata dai suoi fratelli. Colpisce come la storia più tragica, sia in verità resa come la più allegra e piena di imprevisti. Plisson li racconta con realismo ma poco vero coinvolgimento, la sua regia è piatta e poco presa nel viaggio dei suoi quattro eroi, e più impegnata nel mostrare belle panoramiche delle diverse zone del mondo in cui il film è ambientato. E alla fine non risulta difficile che un'operazione come Vado a scuola appaia discutibile. A meno che non si viva al di fuori dal mondo, potrà sembrare di vedere qualcosa di nuovo, ma la verità è che le realtà socio-ambientali (l’importanza vitale in certi paesi nel possedere un’istruzione e la conseguente difficoltà nell’ottenerla) qui raccontate sono già note a qualunque spettatore medio, e il film non offre alcun punto di vista innovativo o riflessivo. Film edificante e pieno di speranza e colori - la fotografia è estremamente satura - ma che si dimentica in fretta.