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Sole a catinelle

03/11/2013 11:00

Paolo Sammati

Recensione Film,

Sole a catinelle

Checco (Checco Zalone), venditore di aspirapolveri porta a porta a cui gli affari vanno decisamente male, si lascia scappare una promessa incresciosa a suo figl

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Checco (Checco Zalone), venditore di aspirapolveri porta a porta a cui gli affari vanno decisamente male, si lascia scappare una promessa incresciosa a suo figlio Nicolò (Robert Dancs): se sulla pagella avrà tutti dieci allora gli regalerà una vacanza indimenticabile. I risultati scolastici arrivano ma la situazione economica di Checco va peggiorando, tanto da trasformare il viaggio da sogno promesso in una visita ad alcuni parenti in Molise. Lì Checco conoscerà Zoe (Aurore Erguy), una ragazza alla moda che lo introdurrà nel mondo delle feste, dei campi da golf e degli yacht.


Dopo i 43 milioni di euro di Che Bella Giornata, Checco Zalone torna ad essere protagonista di un film di Gennaro Nunziante, regista che già nelle due pellicole precedenti ha saputo esaltare la verve comica dell'attore barese sul grande schermo. Sole a catinelle è probabilmente la migliore tra le incursioni di Zalone al cinema: divertente e dissacrante, meno segmentato dall’impostazione a sketch, il film racconta le vicende di un protagonista ben identificabile, l’italiano tipo del ventennio berlusconiano, inserendolo nel contesto assolutamente contemporaneo della crisi economica, della zona del vicentino non più locomotiva produttiva della nazione ma anzi scenario di fabbriche che chiudono e contestazioni sindacali. Certo il film evita qualsiasi accenno polemico alla situazione socio-economica del nostro paese ed anzi sembra passarci sopra con una superficialità che fa del riso l’unica ed originale risposta italiana ad una condizione che, veramente, non ha bisogno di ulteriori moralismi appiccicati sulla patina del perbenismo.


Le distorsioni linguistiche, l’estetica del tamarro, la comicità impulsiva sono le armi di un comico che legge la politica come gossip, gli ideali come merchandising, mettendo a nudo come questa sia effettivamente l’educazione alla politica impartita alle ultime generazioni. Tutto questo rimane non detto, ovviamente, perché il film è prodotto dalla Taodue e distribuito dalla Medusa, entrambe del gruppo Mediaset. Checco Zalone e il suo Sole a catinelle sono l’onesto manifesto del nostro cinema qualunquista, quello degli incassi da record e delle code alla biglietteria. I 12 milioni di euro nei primi tre giorni di sfruttamento sono indicativi (così come l’elevato numero di sale in cui la pellicola è distribuita, più di 1200) del successo della formula dell’istrione pugliese, quella capacità di prendersi e prendere in giro - questa volta in maniera meno categoriale che in passato – attraverso una cinematografia che irride e caricaturizza quello stesso destinatario per cui il prodotto-film è pensato. Una menzione finale spetta alle canzoni, da sempre asso nella manica di Zalone eppure qui meno velenose rispetto a quelle delle due pellicole precedenti e delle incursioni televisive del comico ex-Zelig.


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