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A Spell to Ward Off the Darkness

04/12/2013 12:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

A Spell to Ward Off the Darkness

Panoramica totale su un lago al tramonto...

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Panoramica totale su un lago al tramonto. Il movimento della macchina da presa è ipnotico, circolare e riempie tutto l'ambiente visibile. Un personaggio senza nome si trova ad affrontare tre scelte di vita: prima come membro di una comunità di quindici persone su un'isola al largo dell'Estonia, poi abbandonato a se stesso nel Nord della Finlandia e infine al microfono di una band di black metal. L'occhio non può che subire il fascino da un incipit di enorme effetto che contempla l'immagine e gioca sulla rotatoria geometria del movimento registico. Una sequenza dalla durata di 6 minuti muta e onirica, spezzata solo da degli accenni di canti antichi e chiusa dall'ardere di un tizzone di fuoco.


Inizia in questo modo A Spell to ward off the darkness, traducibile con Un incantesimo per scongiurare le tenebre, diretto dalla coppia Ben Russell e Ben Rivers. Un film di difficile catalogazione tematica e stilistica, che però si dipana in modo quasi completo nei primi minuti e si racconta in parte nel suo stesso titolo. Le tenebre sono quelle presenti e minacciose che stanno per oscurare il lago all'approssimarsi della sera, ma sono anche quelle che provano ad oscurare e ad annullare l'immagine cinematografica, a impedire che non passi più luce nello schermo. Come contrastare un tale evento? Come far sopravvivere il film? Il duo di registi ci prova con l'unica arma possibile a loro disposizione: il cinema come atto salvifico e propulsore di vita; continuare a filmare e a costruire immagini per impedire che tutto finisca - che sia il film o il mondo intero non importa. È sufficiente avere un qualcosa da vedere, un virtuosismo da seguire.


Puntando tutto su un'atmosfera sospesa - cristallizzata nel tempo, nello spazio - e su immagini di straordinaria bellezza del paesaggio norvegese, A spell to ward off the darkness invita lo spettatore a lasciarsi trasportare, a seguire il flusso completo della pellicola senza ragionare troppo sulle singole parti. Le vicende del personaggio principale (interpretato da Robert Aiki Aubrey Lowe), che si trova a vivere tre situazioni d'esistenza diverse, sono scandite da tre macrosequenze che partono nella più normale quotidianità fino a giungere all'estasi musicale figurativa della parte finale. Un magico triangolo narrativo che stupisce e sorprende per la quantità di suggestioni che provoca. Non è la narrazione classica l'obbiettivo primario del duo Russell-Rivers, usata come pretesto per realizzare un'opera che cerca la memoria cinematografica e ha la volontà di imprimere alle immagini lo stesso ricordo ed effetto di una istantanea fotografica. Se il protagonista, individuo senza nome e senza origini fallisce in ogni suo tentativo esistenziale - non fornendo risposta se sia meglio vivere in compagnia o da soli per evitare il peggio - il gesto filmico, l'incessante e infinito flusso in avanti della pellicola, il contenuto che diventa messa in scena, pare l'unica soluzione possibile per non passare all'oblio e essere travolti dal nero totale di un'immagine conclusa. Non importa se le soluzioni visive possono sembrare assurde o fuori contesto - come l'onirica parte finale dove allo scorrere delle immagini si unisce la ruvidezza sonora della musica metal - Ben Russell e Ben Rivers sembrano suggerire che è sufficiente, forse, continuare a vedere. La luce per scongiurare le tenebre.


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