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La mafia uccide solo d'estate

04/12/2013 12:00

Marta Marchesi

Recensione Film, pif, sicilia,

La mafia uccide solo d'estate

Pi racconta la storia di un bambino contro Cosa Nostra

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Per il suo esordio registico, Pierfrancesco Diliberto - conosciuto come Pif - prende spunto dalla propria esperienza personale. Cresciuto a Palermo, ha scelto di raccontare come la quotidianità di un bambino venga a scontrarsi con la violenza dettata da Cosa Nostra nei confronti di chi si oppone al regime.


Arturo è un giovane parlemitano. Nato e cresciuto nel capoluogo siculo, vede spesso incrociare la sua vita con la mafia in maniera del tutto casuale. Innamorato da sempre della coetanea Flora, sceglie, per caso, la strada del giornalismo. Comincia sempre più a capire come la malavita influenzi la sua città e decide, in maniera consapevole, di schierarsi contro di essa.


Quello che colpisce del film è l’ingenuità. Da parte del protagonista che, con la trasparenza propria dell’infanzia, esprime quello che gli adulti fanno finta di non sapere: la mafia esiste e ha un ruolo. La scena in cui intervista il generale Dalla Chiesa riassume bene lo spirito dell’intera commedia, dato che le domande poste da Arturo sono dirette, ricche di inconsapevole ironia, taglienti e capaci di mettere in luce i veri problemi che affliggono la Sicilia e l’Italia. D’altro canto, è evidente anche l’ingenuità e il candore di Pif nell’affrontare un argomento cui si dedica sempre troppo poco spazio: i veri eroi sono coloro che si sono battuti per estirpare la mafia attraverso il loro lavoro. Lo spunto è interessante: come in Forrest Gump, la vita di tutti i giorni può incrociarsi con i grandi avvenimenti della Storia, perfino in una città come Palermo. Scindendo la trama dal film, il risultato è apprezzabile: la leggerezza dei toni della commedia ammorbidisce e rende più reale la durezza dei fatti. A tratti un po’ naif, La mafia uccide solo d’estate celebra la grandezza di chi ha sacrificato la propria vita per la Giustizia, evitando l’aura di santità per mostrare uomini che credono e si impegnano per i loro ideali. Il problema è la messa in scena, inoltre gli attori principali non convincono: Alex Bisconti e Ginevra Antona, i due protagonisti da piccoli, appaiono simpatici ma forzati nella recitazione; chi li interpreta da adulti non è più efficace: Cristiana Capotondi e Pif sono stereotipati e poco naturali. Risultano più persuasivi gli interpreti secondari, Rosario Lisma, Ninni Bruschetta e Claudio Gioé, ma non bastano a compensare le mancanze di chi dovrebbe reggere il film. Anche la regia arranca: lo stile televisivo è troppo presente e il regista, Pierfrancesco Diliberto, fatica ad allontanarsi dal personaggio che l’ha reso celebre - questo limita la resa sia da un punto di vista di costruzione, sia di recitazione, dando quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad una puntata del suo programma Il Testimone. La mafia uccide solo d'estate è un film coraggioso e piacevole nei contenuti dolceamari, riesce a far sorridere e a emozionare nella sua freschezza, ma non basta l’emotività a farne un buon film.


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