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Il colore della libertà - Goodbye Bafana

13/12/2013 12:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Il colore della libertà - Goodbye Bafana

Sudafrica, 1968...

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Sudafrica, 1968. La guardia carceraria James Gregory (Joseph Fiennes), trasferitosi con la famiglia a Robben Island, viene incaricato di sorvegliare i messaggi e le lettere che arrivano ai carcerati e soprattutto il loro leader, Nelson Mandela (Dennis Haysbert).


Meno famoso e celebrato dell'Invictus di Clint Eastwood, Il colore della libertà – Goodbye Bafana (2007) disvela un legame d'amicizia ai margini della Storia. Basato sul libro Goodbye Bafana: Nelson Mandela, My Prisoner, My Friend dello stesso Gregory, il film attraversa un arco di tempo di 22 anni, dal 1968 fino al 1990, data della liberazione di Mandela e si concentra sul rapporto che la guardia Gregory instaura con Madiba. Il contesto politico e sociale non è ciò che interessa maggiormente al regista, che dà per scontato le informazioni più basilari e si affida alle didascalie a inizio film per delineare il quadro storico.


Un merito importante di Bille August è l'aver scavalcato spiegazioni da libro di storia pur restituendo immagini d'epoca di forte impatto: dalla brutalità delle sequenze in prigione, dove le persone di colore subivano continue vessazioni psicologiche e fisiche, fino ai pestaggi per strada effettuati dalla polizia. Lo spettatore vive la narrazione con gli occhi di James Gregory. Il suo personaggio, nonostante si sappia fin dal principio che la sua sarà una parabola di redenzione idealistica, parte con parecchie ambiguità: un bianco borghese con moglie (una sgradevolissima Diane Kruger) e figli cui unico obbiettivo e far carriera ed iniziare una scalata sociale a scapito anche delle vite altrui. Sorprende come August abbia filmato la società di etnia bianca: stolti esseri umani che hanno perso un potere che non gli spettava e che giustificano la violenza dell'Apartheid come un volere divino. Registicamente solido e dalla messa in scena in costume curata e precisa, Goodbye Bafana lascia Mandela sullo sfondo, poiché la sua importanza non è data dalle parole pronunciate o dalle azioni compiute, ma da quello che i personaggi che hanno la fortuna di entrarci in contatto riescono a capire. Mandela - interpretato dal bravo e somigliante Dennis Haysbert - è un veicolo per Gregory che nel corso degli anni capirà le idee e le volontà di uguaglianza di quel grande leader ingiustamente incarcerato. Nonostante soffra di qualche didascalismo narrativo e di soluzioni prevedibili nello script, il film non cade mai nel retorico e nel celebrativo, anzi accusa in misura uguale alle deplorevoli azioni dei bianchi anche le sommosse violente che vennero fatte dall'African National Congress. Goodbay Bafana resta importante cinema didattico e di memoria, su un periodo, un personaggio e un ideale che non si dovrebbero mai dimenticare.


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