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Un compleanno da leoni

13/01/2014 12:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Un compleanno da leoni

Già coppia di sceneggiatori all'origine delle fortune al botteghino della trilogia di Una notte da leoni, Jon Lucas e Scott Moore fanno il grande passo dietro l

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Già coppia di sceneggiatori all'origine delle fortune al botteghino della trilogia di Una notte da leoni, Jon Lucas e Scott Moore fanno il grande passo dietro la macchina da presa con una commedia non molto dissimile dalla saga sopra citata, il cui titolo Un compleanno da leoni riporta proprio a quelle atmosfere. Operazione in parte corretta non solo dal punto di vista pubblicitario, ma anche sensata in quanto la trama pure in quest'occasione si concentra sulla notte alcoolica vissute da tre ragazzi prossimi ad entrare nell'età adulta. Il problema si pone quando Jeff, di origini asiatiche, finisce per crollare letteralmente in seguito a diversi "shottini" di troppo, e gli amici che devono riaccompagnarlo a casa non ne conoscono l'indirizzo. L'urgenza è tanta, perché Jeff, l'indomani, ha un importantissimo colloquio di lavoro procuratogli dall'integerrimo genitore, e così i suoi due compagni di sbronza dovranno cercare in tutti i modi di riportarlo a casa in tempo.


Ennesimo esempio di commedia giovanilistica vacua ed eccessiva, Un compleanno da leoni si inserisce in un filone che ha ormai perso la propria originalità, vivendo di copie e ricicli, tanto che molte delle gag inserite nel racconto sono altamente prevedibili, tra festini alcoolici e brevi incursioni di un erotismo soft di bassa lega, buono solo a procurare qualche prurito ai giovanissimi. Ma il resto è la fiera della noia più assoluta, con diverse cadute di stile e un cattivo gusto ancor più fastidioso poiché fintamente moderato e "abbellito" da una sorta di morale di fondo buonista sull'importanza di certi valori. Una corsa contro il tempo che non difetta, almeno di questo bisogna dargliene atto, di ritmo, visto che il succedersi di situazioni è incalzante, ma le risate sono misurate col contagocce e si fanno strada soprattutto nelle poche scene in cui è protagonista Justin Chon, il ragazzo di origini cinesi, nelle quali si respira un'aura di autentica e genuina follia. Ma è troppo poco e non riesce a giustificare un crescendo narrativo costruito solo su un ripetersi di abusati leit-motiv, spesso volgare, in un equilibrio instabile tra sfrontatezza e conservatorismo che non soddisfa proprio nessuno.


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