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Class Enemy

22/10/2014 11:00

Maila Miotto

Recensione Film,

Class Enemy

Slovenia...

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Slovenia. A una classe di giovani adolescenti viene assegnato un professore di tedesco, Robert Zupan (Igor Samobor), che si vedrà capro espiatorio dei loro turbamenti. Rigido nell'educare i suoi studenti, ma allo stesso tempo onesto e oggettivo, Zuplan non riuscirà a entrare nel cuore dei suoi allievi, troppo presi da sè stessi e dal proprio malessere a causa della tragedia che ha colpito la scuola.


Premio Fedora al Miglior Film durante la settimana della Critica di Venezia 71, Class Enemy - esordio del regista sloveno Rok Bicek – è un’opera tagliente, forte e che ha voce. Il lungometraggio, interamente girato in una sola location e con l'ausilio di un’unica macchina da presa, rivela un occhio registico che ha in sé la cultura cinematografica dell’est, con immagini fredde e statiche tipiche dell’arte di quel regime che tanto viene contestato durante la vicenda. Class Enemy è un film che fa parlare di sé. Il giusto mix tra coraggio e durezza. Un lungo gioco di sguardi al quale Bicek affida la disperazione, la giustificazione, il ridicolo, tutti quei sentimenti che la figura del professore di tedesco - oltre a richiamare l'attenzione su una situazione storico-politica tanto delicata quanto centrale – affronta con i suoi studenti.


La giustificazione di un sistema che non funziona e la paura del giudizio diventano nel film le gabbie di cui si serve il terribile mondo degli adulti, privi di ragione. Se infatti da un lato si celano i professori - uomini impegnati a dare importanza alla propria immagine e mantenere un rigore fasullo per difendere l'apparenza - dall'altro i genitori (ritratti portati all'estremo al fine di riuscire a rappresentarli al meglio) sono sopraffatti e complici della società che li ha alienati e che ora sta trascinando a sè anche i ragazzi. Il professor Robert Zupan, che parrebbe rappresentare il momento catartico delle storie o la mina che fa esplodere la ribellione, è in realtà nient’altro che il filo conduttore tra la maturità - nelle sue sfaccettature più estreme - e la giovinezza. Convinto che ancora per i suoi allievi ci sia speranza, Zupan affida ai ragazzi un’oggettività dei fatti che non viene compresa, che viene messa in discussione e soffocata da un sistema che ignora le sue difficoltà. Rok Bicek racconta nel suo film le problematiche adolescenziali - compresi i suoi sviluppi più drammatici - mettendo a nudo non solo i sentimenti dell’inadeguatezza, il silenzio, l'incapacità di esprimersi, ma anche il caos che segue a una tragedia sociale.


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