Un nuovo film di fantascienza. Bello, originale, moderno ma soprattutto italiano. Index Zero, opera prima di Lorenzo Sportiello (scritto con Claudio Corbucci e Francesco Cioce), presentato al 9°Festival del Cinema di Roma, ha fatto tanto parlare di sé. Nel bene, sia chiaro. Perché di lavori così la cinematografia italiana ne ha bisogno. Index Zero è una distopia in blu, un malinconico e definitivo dramma sci-fi. In un freddo scenario post-atomico, Kurt (Simon Merrells) ed Eve (Ana Ularu) vagano disperati alla ricerca di una via di fuga che consenta loro di attraversare illegalmente il confine. Eve è incinta e i due hanno bisogno di un luogo sicuro dove poter crescere il loro bambino. Corrompendo le persone giuste, riescono ad accedere a un tunnel segreto, ma non tutto va per il verso giusto. I due protagonisti vengono catturati e rinchiusi in due sezioni separate di un centro di detenzione e sottoposti a un percorso di “purificazione” per poter ottenere l’Index Zero, che corrisponde a un livello di sostenibilità accettabile dalla comunità, necessario per guadagnarsi la cittadinanza. Ma Eve è incinta e per questo non tollerabile negli Stati Uniti d’Europa dove, a meno di non essere ricchi abbastanza per poter rinunciare a dei punti del proprio indice di sostenibilità, non è permettesso avere figli. Così, mentre Kurt piegandosi al sistema ha una chance di salvezza, Eve è portatrice sana della sua ghettizzazione. Girato in Bulgaria con un cast di attori stranieri, Index Zero parla di immigrazione e integrazione in un futuro prossimo claustrofobico e rassegnato. Un futuro che – da dichiarazione del regista – si ispira a I figli degli uomini e a The road, preservando tutti gli aspetti cari al mondo sci-fi (di respiro internazionale) che si umanizza con una certa classe, avvicinandosi alla sensibilità di un prodotto più nostrano. Da una prima parte estetica, lunare e quasi silenziosa si passa al secondo tempo, depositario della componente narrativa e di azione, con un bilanciamento dei generi riuscito e originale. Non ci si trova di fronte a disastri nucleari, ma alle conseguenze di una crisi economica globale. Non c’è sovrabbondanza di sofisticazione tecnologica: le moderne strutture in cui finiscono i prigionieri assomigliano ai centri di detenzione contemporanei, prigioni in cui non c’è spazio per la comprensione e per la compassione. C’è solo l'applicazione rigida di regole necessarie per garantire sicurezza, in cui sono riflesse disparità legate allo status sociale. In questo scenario drammatico l’autore lancia un messaggio di speranza partendo dal principio elementare della solidarietà, unica arma in grado di contrastare l’individualismo sfrenato e l’isolamento. Uno scenario tumefatto e angosciante ma possibile - sembra ammonire il regista - perché derivato delle contraddizioni di un presente individualistico e rischioso. La bellezza estetica dei corpi nello spazio, una fotografia poco satura, bellissimi controluce e uno sviluppo schizofrenico fa passare dal bisogno estremo di immigrazione a quello inevitabile di evasione: Index Zero mescola il sogno dei protagonisti al risveglio in una brutta realtà, rappresentata dal peggior presente possibile. Il film ha dei limiti. Nella trama, in alcuni snodi narrativi deboli e in una prima parte un po’ lenta, soprattutto rispetto a una seconda che sfugge quasi di mano. Nel mezzo alcune scene poco a fuoco. Tuttavia, il film di Lorenzo Sportiello è uno dei lavori più interessanti degli ultimi tempi. Ancora privo di distribuzione ufficiale, Index Zero è la manifestazione di estremo coraggio di un giovanissimo filmaker e dei suoi collaboratori (tra cui Giuseppe Trepiccione, responsabile del montaggio) che hanno portato al Festival di Roma un genere alieno e per niente comodo. L'indice di gradimento non può che essere un pollice, in alto.