Gli anni Cinquanta hanno indubbiamente rappresentato un punto di svolta nella storia dell’arte figurativa. Era il periodo nel quale galleristi e talenti s’ingegnavano per confezionare un’esperienza artistica che potesse autenticamente definirsi americana. Da qui partono fenomeni come la Pop Art di Andy Warhol o il filone dell’Espressionismo Astratto di Jackson Pollock o di Mark Rothko. All’interno di un contesto particolarmente complesso dal punto di vista politico, sociale ed economico, gli artisti raggiungono la consapevolezza che solo attraverso quei gesti di critica e ribellione, che nascono dal mondo esterno ed arrivano all’opera, si possa arrivare a creare Arte. L’artista concepisce sé stesso e il proprio lavoro in senso più ampio e non sembra esserci spazio per chiunque abbia da portare al panorama artistico contemporaneo solo il proprio dramma interiore e i suoi travagliati sentimenti, come succede al talentuoso newyorkese Robert De Niro Sr., padre del celeberrimo attore e pittore condannato all'oblio. Remembering the artist è il tentativo di un figlio “arrivato” di rendere omaggio a un genitore schiacciato dal mancato riconoscimento della propria arte. Il documentario che ne risulta ha più un valore personale e intimo che cinematografico. La delicatezza di alcuni temi, tra cui spicca sicuramente l’omosessualità latente del protagonista, spingono De Niro ad affidare alcuni passaggi del racconto alla regia di Perri Peltz e Geeta Gandbhir, rinunciando addirittura alla lettura di certe pagine del diario paterno, evidentemente difficili da assimilare. Se da un lato quest’onestà intellettuale - tradotta in riserbo - è apprezzabile, dall’altro limita moltissimo la narrazione spingendo lo spettatore a credere che manchi davvero qualcosa. Il filtro della memoria offusca l’oggettivazione di una vicenda che avrebbe tanto da dire, soprattutto considerando la straordinarietà della figura di De Niro Senior. Un uomo capace di tener fede a se stesso, sia nella vita privata che nelle sue intuizioni artistiche. Lascia la famiglia per andare a Parigi allo scopo di nutrirsi dell’ispirazione dei maestri impressionisti e di rifuggire la pochezza emotiva dell’élite artistica americana. Un anticonformista vero in un mondo nel quale questa parola implica solo una noiosa tendenza alla ribellione vuota. De Niro predilige l’armonia della forma di un volto o di un fiore alla forza del gesto che è da solo arte e anarchia, certo, ma anche prodotto di uno spietato mercato. Il suo non si vende, nonostante l’appoggio iniziale di Peggy Guggenheim. Allora che sia la tenerezza dell’amore figliare a spingere questa storia, attraverso un documentario pensato per la libera diffusione. La HBO promette infatti di caricarlo sui propri canali video appena conclusa la circolazione festivaliera e televisiva, per consentire a chiunque di godersi quest’incredibile storia d’arte e non solo.