In una notte di luna piena, una famiglia americana in vacanza nella campagna francese viene assalita da una strana creatura. Il padre e il figlio piccolo muiono dilaniati, mentre la madre - unica superstite - riporta gravissime ferite e viene ricoverata in ospedale. In un primo tempo si pensa che ad aggredire i turisti sia stato un animale, ma dalle dichiarazioni della donna le indagini si concentrano su un uomo. Viene così arrestato Talan Gwynek, unico sospettato vagamente somigliante alla descrizione della sopravvissuta. Quando il caso diventa di dominio globale l’avvocatessa Kate Moore decide di assumere la difesa dell'accusato. Durante le indagini Kate scopre indizi che le fanno credere all'innocenza del suo assistito (a cominciare dalla strana malattia di cui questi soffre e che gli impedirebbe di effettuare grandi sforzi fisici) ma in realtà la patologia da cui è affetto Talan nasconde una causa ben più inquietante. Ci avevano già provato due volte nel recente passato con risultati non propriamente convincenti: lo sceneggiatore Matthew Peterman e il regista William Brent Bell, autori di Stay Alive e L'altra faccia del diavolo, continuano il loro percorso nell'horror con La metamorfosi del male. L'inizio a dire il vero, tolti i primi minuti girati con l'ormai abusata tecnica del found footage, faceva ben sperare per la riuscita di questo loro terzo tentativo. Una sobria atmosfera da legal thriller, pur senza eccellere, regge infatti discretamente tutta la prima parte della pellicola e le indagini riescono a infondere un po' di sana curiosità per il proseguio degli eventi. Peccato che da metà visione in poi il tono narrativo perda completamente la bussola andandosi a incagliare in una strada sovrannaturale che snatura irrimediabilmente la storia, conducendo verso un finale (con tanto di epilogo "aperto" a possibili sequel) che sfiora i limiti dell'assurdo e scade nel ridicolo involontario. La stessa violenza dal taglio gore/splatter, che fa capolino in più occasioni, non viene supportata a dovere dagli effetti speciali - spesso improbabili - che indeboliscono una tensione emotiva già gravata dall'assoluto anonimato dei personaggi: trovandosi più volte protagonisti di gesta o reazioni illogiche, questi finiscono per suscitare una netta antipatia nei confronti di chi guarda. Il realismo, conseguentemente, ne viene meno e non bastano video e immagini da riprese televisive a rendere il racconto più credibile e/o appassionante. L'unica nota positiva risiede nella discreta regia, capace di regalare qualche sequenza suggestiva ma di trasfigurare così impudentemente una figura classica dell'iconografia horror (da non svelare, per non rovinare il "cliffhanger" centrale) è un errore difficile da perdonare.