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SmoKings

31/03/2015 10:00

Marta Bosso

Recensione Film,

SmoKings

L’opera prima di Michele Fornasero, vincitrice del 55° Festival dei Popoli, porta sul grande schermo l’impresa dei fratelli Messina, imprenditori nel business d

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L’opera prima di Michele Fornasero, vincitrice del 55° Festival dei Popoli, porta sul grande schermo l’impresa dei fratelli Messina, imprenditori nel business delle sigarette e creatori di un marchio made in Italy, la "Yesmoke". Il documentarista torinese ha il merito di aver proposto per questa particolare realtà industriale italiana un’originale narrazione filmica, in cui alle interviste - proprie del documentario - si mescolano messe in scena, montaggi alternati e materiale di repertorio.


Sembra l’inizio di un noir quello di SmoKings e a confermare questa sensazione c’è il ritmo teso del racconto, l’attenzione agli oggetti e ai segni: come una delle stecche di Marlboro ritrovate nella sede Yesmoke, introdotte clandestinamente dalla Philip Morris con un dispositivo all’interno; una finta bomba inserita a scopo intimidatorio. Il documentario comincia dalla fine, evidenziando aspetti politici e ideologici che la vicenda imprenditoriale dei fratelli Messina si porta dietro: non solo la resistenza di un’idea “made in Italy”, in aperta battaglia con il monopolio dei cartelli internazionali, ma anche la riflessione che nasce tra interessi economico-politici e la condizione di salute delle aziende italiane, schiacciate dal peso di regole che non rendono più distinguibile chi, tra stato e imprese, sia veramente fuori dai confini della legge.


Se il regista avesse voluto semplicemente riportare le vicende sulla base degli sviluppi giudiziari, avrebbe concepito un’opera-inchiesta, proponendo probabilmente anche un seguito (considerato che a ridosso della presentazione del film i fratelli Messina si trovano in stato di arresto e attesa di giudizio con l’accusa di contrabbando ed evasione fiscale); quello che probabilmente più ispira e preme Fornasero è invece il ritratto delle personalità dei due fratelli, il cui ingegno e coraggio portano a una narrazione della verità a tratti ambigua: da una parte la ricostruzione esatta - per quanto possibile - degli eventi, dall’altra la veridicità nell’interpretazione. Fornasero non corre il rischio di descrivere l’odissea imprenditoriale dei Messina come esempio di virtù e costruisce la trama in modo complesso, senza orientarne la visione, con sguardo non giudicante. Nel susseguirsi di colpi di scena, il regista segue parallelamente la traccia intima della vita privata dei fratelli attraverso le conversazioni con la madre, il successo economico della famiglia durante gli anni in cui Gianpaolo era un corridore professionista. È una vera e propria guerra quella che la pellicola ricostruisce, dalla confisca di un cargo aereo pieno di sigarette fino alla decisione dei fratelli di trasferire i propri affari a Settimo Torinese per aprire un’azienda che segua determinati principi di comunicazione. Gli stessi che Fornasero documenta con attenzione quasi maniacale. È questo il tratto più interessante che il regista riesce a portare alla luce: un’attenzione agli elementi materiali del documentario, inteso come “linguaggio delle cose”; un percorso fuori dalle convenzioni che evidenzia il confine sottile tra legalità e illegalità.


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