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Unfriended

13/06/2015 11:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Unfriended

Un gruppo di amici composto da Blaire (Shelley Hennig), il fidanzato Mitch (Moses Jacob Storm) e gli amici Jess (Renee Olstead), Adam (Will Peltz), Ken (Jacob W

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Un gruppo di amici composto da Blaire (Shelley Hennig), il fidanzato Mitch (Moses Jacob Storm) e gli amici Jess (Renee Olstead), Adam (Will Peltz), Ken (Jacob Wysocki) e Val (Courney Halverson) si ritrovano in chat: l'occasione è l'anniversario della scomparsa di Laura (Heather Sossaman), una compagna di scuola suicidatosi a seguito agli insulti ricevuti dopo un video postato online. Improvvisamente, durante la conversazione, iniziano a spuntare messaggi dall'account di Laura che minaccia di morte i ragazzi. Si pensa a uno scherzo, ma il misterioso intruso inizia un gioco letale con il gruppo di amici: chiunque fra loro lascerà la chat, morirà all'istante.


Unfriended è l'opera seconda del regista di origine georgiana Levan Gabriadze che, dopo essere passato con successo per vari festival nel 2014 e forte di una campagna virale che ne ha stimolato l'interesse, approda al cinema. Il titolo del film si riferisce al termine che nel gergo virtuale sta per “togliere l'amicizia” su Facebook. Già nella sua concezione stilistica, il film di Gabriadze opta per una scelta particolare: è totalmente girato in tempo reale, tramite l'occhio della videocamera di un computer puntata sui giovani protagonisti; lo schermo restituisce la visione dello screensaver di ogni pc e ogni finestra virtuale. Se la scelta, a suo modo radicale, non è però nuova. Un'opera straordinaria (e inedita in Italia) come Open Windows di Nacho Vigalondo già usava come espediente di messa in scena la visione dello schermo intero di un computer. Unfriended non raggiunge quei picchi di sguardo e di teorizzazione e forse non risolve in toto la problematica di tale rappresentazione, privandosi di giustificarla sempre: una sorta di pregio/limite che, seppur sforzandosi, impedisce di vedere il film di Gabriadze come nuovo saggio sull'immaginario virtuale al cinema.


Nella prima parte del suo svolgersi, Unfriended sembra andare in territori narrativi e di sguardo poco interessanti, mischiando molte suggestioni: dal vouyerismo dell'epoca attuale all'ossessione per le immagini (che siano video o foto), fino a una denuncia al mondo dei social network e ai pericoli della rete, per chiudersi come monito sul cyberbullismo. Pur sfiorando questi elementi, tuttavia, non cade mai nella banalità e si affida a una miscela di thriller-horror per sfruttare la propria particolarità visiva. Azzeccando più di un momento in fase di tensione, Unfriended usa tutta la terminologia più in voga del mondo virtuale ma se ne separa per divenire un thriller al massacro - pur nei limiti con rimembranze con la serie di Saw e The Ring - dove le mezze verità nascoste, gli amici e la sfiducia verso essi sfociano nella più temibile delle notti. E allora tutto l'apparato cyber-scenico e anche narrativamente audace acquista senso, in un film che obbliga a guardare e confessare l'orrore. Precisamente, il proprio orrore e la paura di condividerlo dove tutti possono vedere.


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