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Tardo autunno

13/07/2015 10:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Tardo autunno

Continua la riproposizione in sala da parte di Tucker Film, nella versione restaurata e digitalizzata, dei capolavori del maestro giapponese Yasujiro Ozu...

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Continua la riproposizione in sala da parte di Tucker Film, nella versione restaurata e digitalizzata, dei capolavori del maestro giapponese Yasujiro Ozu. Dopo Viaggio a Tokyo e Fiori d'equinozio è il turno di Tardo autunno, terzultimo film della lunga e splendida carriera del cineasta. Riemergono i temi cardine del suo cinema e in questo caso ci troviamo dinanzi d una sorta di auto-remake: la narrazione infatti riprende, con qualche piccolo accorgimento e un tono più leggero, la vicenda che era alla base di Tarda Primavera (1949). Un'opera quasi di anticipato commiato che, non a caso, vede un numeroso cast di volti - sia maschili che femminili - che hanno da sempre popolato i film del regista nipponico.


Mamiya, Taguchi e Hirayama, tre amici di mezza età, presenziano all'anniversario della morte del loro amico d'infanzia Miwa. Da sempre segretamente innamorati della vedova Akiko, sono ora preoccupati per la figlia di lei, Ayako, una bella ventiquattrenne ancora single. A dispetto infatti della volontà della ragazza, che vorrebbe ancora vivere insieme alla madre per non lasciarla da sola, i tre uomini decidono di trovarle un candidato sposo. Per ovviare al rifiuto di Ayako pensano di cercare un nuovo marito anche per Akiko: Hirayama, anch'egli vedovo da qualche anno, si candida al ruolo.


Il matrimonio è un tema ricorrente nel cinema di Ozu, che anche in quest'occasione si concentra sui rapporti familiari con un tocco malinconico, pervaso da un profondo senso di pace sull'ineluttabilità degli eventi e del trascorrere del tempo. In questo placido scontro generazionale, tra genitori spesso obbligati a matrimoni combinati e figli che optano per uno stile di vita più moderno, anche e soprattutto in campo relazionale, lo stile riflessivo permette alla storia di fluire nelle due ore di visione con una naturalezza magistrale. Nelle genuine battute e scambi di idee, Tardo autunno trova quel tocco di leggerezza che smorza anche i passaggi dolce/amari, in una riproposizione delle classiche tematiche del regista. A tornare non sono solo gli attori, ma anche luoghi già visti in passato - dalla sede di lavoro di uno dei protagonisti ai tipici bar giapponesi - e quello sguardo parallelo sull'evoluzione urbanistica di Tokyo, che compare spesso a collegare i vari frammenti narrativi. In quest'opera riassuntiva, ma non ripetitiva, dell'intera carriera di uno dei più grandi maestri di sempre, ci si ritrova a respirare quel senso di dolce tranquillità che conquista cuore e spirito.


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