Dopo aver atteso circa due anni per essere distribuito, e dopo la vittoria del premio per il Miglior Lungometraggio al Foggia Film Festival nel 2014, approda nelle sale italiane l’ultimo film di Leone Pompucci, Leone nel basilico, una favola contemporanea dal sapore ironico e onirico. Celeste (Ida Di Benedetto) è un’avvenente vedova sessantenne. Vive in una casa di riposo servita e riverita da insopportabili vecchie, ma racconta a se stessa e alle altre di vivere in un albergo. Perché così tutto è più semplice. Ogni giorno si allontana dall’ospizio con la scusa di andare dal figlio per preparargli la zuppa di pesce che gli piace tanto: in realtà il figlio vive al mare con la compagna e si tiene alla larga dalla madre autoritaria e opprimente. Così Celeste ogni giorno si allontana e, con l’aiuto di antidepressivi e sonniferi, trascorre il pomeriggio dormendo su una panchina della stazione. Giulietta (Catrinel Marlon) è una giovane prostituta straniera, sempre sorridente e pronta a innamorarsi nonostante la vita non le sia stata clemente; è anche madre snaturata di Leone, piccolo di un anno che lascia ovunque per procurarsi soldi per vivere. In un’assolata e solitaria giornata della bruciante estate romana, Celeste è svegliata da Giulietta che le lascia tra le braccia il piccolo Leone e scappa via: la severa e scostante donna sarà costretta a prendersi cura di quel bambino e, attraverso Leone, tornerà a prendersi cura anche di se stessa. Leone nel basilico è una storia che, in modo semplice e attraverso un racconto favolistico, cerca di affrontare tematiche forti: in una Roma agostana, città desolata e fantasma, si muovono personaggi soli, incapaci di confrontarsi e mettersi ancora una volta in discussione. L’incontro tra le emotività delle donne protagoniste, sole al mondo, diventa l’occasione di rivalsa e la possibilità di poter vivere, ma anche sopravvivere e infine morire, con la dignità che ogni essere umano merita. Persino la dura Celeste perfettamente interpretata da Ida Di Benedetto - maschera di dolore e rimpianti perché non è stata ripagata per gli sforzi di una vita - riesce, grazie alla possibilità che gli viene dall’incontro col piccolo Leone, a grattar via la dura corazza che si era imposta per sopravvivere e a tornare a vivere. Un film surreale e magico in cui la trama - spesso discontinua e poco lineare - accompagna lo spettatore nel mondo dei personaggi, nomadi che si muovono attraverso i paesaggi urbani che ricordano le desolate vedute antoniane della periferia romana post boom economico. Un racconto magico e visionario, costellato di immagini e simboli (in linea con il realismo magico felliniano) dal grande potere evocativo che riesce, seppure con qualche limite, a riflettere, anche in modo ironico e dissacrante, sulla solitudine e su un’umanità lasciata ai margini e ormai alla deriva. Un piccolo film che ha sicuramente dei limiti e che sembra voler dimostrare a tutti i costi di essere debitore alla grande tradizione del cinema italiano autoriale, a cui però non si può non riconoscere originalità , nelle tematiche e nella rappresentazione.