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La città incantata

29/03/2016 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

La città incantata

Chihiro è una bambina di dieci anni e, come tutti i bambini di quell'età, sa essere capricciosa e viziata...

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Chihiro è una bambina di dieci anni e, come tutti i bambini di quell'età, sa essere capricciosa e viziata. Un giorno, nel bel mezzo di un viaggio insieme ai genitori, la bambina si imbatte in un piccolo paese sperduto nel verde, pieno di dolcissime prelibatezze gastronomiche a cui è ben difficile resistere. Ne sanno qualcosa i genitori di Chihiro che, a forza di mangiare, finiscono con il trasformarsi in dei maiali. Chihiro, allora, si ritrova di colpo sola in un mondo che non conosce e che non sembra essere governato dalle stesse regole dell'universo da cui la bambina proviene. L'unico alleato di cui Chihiro può fidarsi è Haku, che sembra prigioniero a sua volta, legato ai capricci della strega Yubaba. Ben determinata a salvare i genitori, per Chihiro non resta altra soluzione che rimanere nella città incantata, trovare un lavoro e cercare di crescere nel più breve tempo possibile, tra ostacoli da superare, misteriose creature e un'amicizia pronta a sbocciare.


Ormai il nome di Hayao Miyazaki è diventato sinonimo di qualità anche in occidente, sebbene l'arte del maestro d'animazione giapponese abbia impiegato anni a raggiungere il grande pubblico. Persino La città incantata, ad oggi uno dei suoi film più conosciuti al mondo anche grazie ai riconoscimenti ottenuti dalla critica, ha faticato non poco a superare i confini culturali che non sono sempre stati pronti ad aprire le porte all'animazione personalissima di Miyazaki, che in questo film trova forse il suo manifesto massimo. Ne La città incantata, infatti, ricorrono tutti quegli elementi che hanno rappresentato una sorta di status quo nella produzione del regista e che ne hanno formato in qualche modo non solo lo stile, ma anche – e soprattutto – la poetica. Da una parte la condanna allo sfrenato consumismo, che in questo caso viene simboleggiato palesemente dalla trasformazione degli ingordi genitori in maiali senza senno; dall'altra l'inno sempre presente alla natura, che in questa pellicola assume come sempre un ruolo avvolgente, quasi allucinatorio. La natura spinge da ogni angolo del quadro, con distese d'erba, ruscelli splendenti e il lento frinire di cicale e grilli, il tutto accompagnato dalla solita, ottima colonna sonora di Joe Hisashi, diventato negli anni una sorta di alter ego del regista, compositore in grado di rendere in suono quello che Miyazaki realizza per immagini.


Proprio come gli altri film che lo hanno preceduto e che lo hanno seguito, anche La città incantata pone al centro della propria narrazione una figura a metà strada tra l'infanzia e l'adolescenza, un essere in divenire che deve ancora capire quale sia la strada da intraprendere. Chihiro, proprio come tutti gli altri personaggi del regista, è una bambina che non sa chi é e, soprattutto, non sa di cosa è capace. Il percorso all'interno della città incantata non si limita ad essere una sorta di sogno ad occhi aperti, una favola magica e misteriosa, ma è anche l'occasione per crescere, per prendere in mano la propria vita, decidendone di farne un capolavoro. Chihiro impara così a comportarsi da adulta, ad abbandonare tutti i suoi vizi più fastidiosi e le convinzioni sbagliate che le venivano da un mondo, ancora una volta, superficiale e consumista. Così la bambina che entra nel tunnel all'inizio del film si arricchisce non solo di amici, ma anche di quella poetica presa di consapevolezza che rappresenta il momento della crescita di ognuno di noi. E che, nel cinema di Miyazaki, è sempre la pietra intorno a cui tutto viene costruito. La gemma, insomma, in grado di commuovere lo spettatore.


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