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L'estate di Kikujiro

19/06/2009 10:00

Davide Tecce

Recensione Film,

L'estate di Kikujiro

Masao ha 9 anni e vive a Tokyo insieme alla nonna...

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Masao ha 9 anni e vive a Tokyo insieme alla nonna. Con la chiusura estiva delle scuole e gli amici che partono in villeggiatura, il bambino, rimasto solo, decide di mettersi alla ricerca della madre, che non conosce e di cui non sa nulla se non che vive in una località vicina al mare. Lo accompagna Kikujiro, uno sgangherato membro della Yakuza incontrato per caso, e con il quale il piccolo riesce ad instaurare un particolare rapporto di amicizia, trascorrendo un’estate indimenticabile.


Favola triste eppure spensierata, L’estate di Kikujiro è una pellicola che sa regalare sensazioni inusitate. Kitano (sia attore che regista) confeziona un’opera magistrale, animata da una direzione tecnica brillante, costellata di continui tocchi di classe ed invenzioni che sottolineano i momenti topici del film (divenendo essi stessi parte integrante del tessuto narrativo), ed impreziosita da una interpretazione ancor più sopra le righe: il personaggio di Kikujiro, prepotente, sfaticato, attaccabrighe, dall’andatura dinoccolata e dalla provocazione facile, è una figura destinata ad imprimersi irrimediabilmente nella memoria dello spettatore e che, con tutti i suoi difetti, è difficile non apprezzare. Il rapporto tra il bambino e l’adulto è la chiave principale della pellicola: durante e dopo il viaggio, superate le inevitabili difficoltà ed incomprensioni, Masao e Kikujiro riescono a stringere un’amicizia speciale. Il piccolo insegna al grande un po’ di gentilezza e di candore, e da lui apprende come guardare alla realtà con gli occhi della fantasia. Purtroppo, la verità che Masao ha deciso di inseguire è destinata a riservargli sorprese e dolori, ma egli saprà comunque superarli proprio grazie all’insegnamento ricevuto e alla scoperta di come la magia che si cela dietro ogni cosa, anche quella apparentemente più banale, sia in grado di asciugare qualsiasi lacrima. Il tema del gioco è, non a caso, l’altro pilastro de L’estate di Kikujiro: gioco inteso non nel senso prettamente ludico (come divertimento o svago), ma quale genuina manifestazione di spontaneità ed incanto, quale suggestivo prodigio creativo; è a partire da esso che Kitano inserisce tutta una serie di trucchi e trovate surreali che donano all’opera una ammaliante atmosfera di morbido onirismo.


Complessivamente non mancano alcune lungaggini né sequenze discutibili e poco verosimili. Ciononostante il film affascina e cattura, convince e sorprende, raggiungendo un perfetto equilibrio tra poesia e ironia, grazie al pregevole accordo tra i numerosi spunti di riflessione e commozione e le altrettanto travolgenti situazioni di eccentrica comicità. Ne risulta una pellicola tutt’altro che perfetta, eppure indubbiamente ricca, curata, un inno all’amicizia e alla fantasia dai delicati toni color pastello che merita di essere visto e custodito come uno di quegli affettuosi ricordi che rimangono sempre ben impressi nell’animo e nel cuore.


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