Il sempreverde Harrison Ford è la punta dell'iceberg di un cast che comprende alcune stelle nuove o conosciute tra le quali Ray Liotta, Jim Sturgess, Ashley Judd, Alice Braga e Cliff Curtis; la direzione è di Wayne Kramer, regista e sceneggiatore sudafricano di alcune pellicole per lo più sconosciute al grande pubblico, tra cui Blazeland, Cooler e Running. Il titolo riassume metaforicamente e fisicamente una delle questioni più attuali e problematiche negli Stati Uniti: Attraversare i confini rappresenta per alcuni dei protagonisti un evento radicale che li cambierà per sempre, siano essi messicani, coreani o ebrei. Le vite di extracomunitari -anzi extrafederazione- che, più o meno legalmente cercano attraverso il duro lavoro di guadagnarsi una posizione, di realizzare un sogno o di scalare i gradini sociali nel paese più potente del mondo, si intersecano e si abbracciano in un intreccio che non risparmia emozioni e azione. La visione di una America post 11 settembre, terrorizzata dal diverso e con efficienti mezzi per rimuoverlo, poco si adegua al discorso finale del giudice del giuramento per la naturalizzazione, dimostrando un punto di vista esplicativo di una ipocrisia assoluta ma ben nascosta nei cavilli burocratici, sempre e comunque aggirabili: i servizi, gestiti da esseri umani, si rivelano corruttibili, mentre a volte si trovano funzionari ciecamente funzionali e fedeli alla lettera alle nuove leggi del "terrore" nate sotto il governo di George W. Bush. La tristezza è il cardine di quasi tutto il film, si imperniano su di essa senso di impotenza e disperazione, e infine di riflessione sulla ineluttabilità della vita e sicuramente sulla sua crudezza che porta a confrontarsi con "demoni" che molto spesso non riusciamo a vincere da soli.