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Io, loro e Lara

12/01/2010 12:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Io, loro e Lara

Prosegue il viaggio di Carlo Verdone, l’ultimo grande comico romano, alla ricerca di quell’alchimia un po’ perduta che gli aveva permesso di sfornare capisaldi

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Prosegue il viaggio di Carlo Verdone, l’ultimo grande comico romano, alla ricerca di quell’alchimia un po’ perduta che gli aveva permesso di sfornare capisaldi assoluti della commedia italiana - da Un sacco bello a Bianco, rosso e Verdone; da Borotalco a Compagni di scuola. Gli ultimi suoi lavori andavano dalla banale ripetizione delle sue storiche e fortunate macchiette (Grande, grosso e Verdone) alla ricerca di una commedia più immediata e meno strutturata sulle bizzarrie delle sue caricature, fisiche e verbali (Ma che colpa abbiamo noi, Il mio miglior nemico). Amato e idolatrato come pochi altri dal pubblico italiano e, ovviamente, romano in particolare, Carlo cerca con Io, loro e Lara un punto di equilibrio indossando l’abito talare di Padre Carlo Mascolo, un missionario in crisi di vocazione e di fede.


Dopo anni passati in Africa, Padre Carlo rientra in Italia per passare un po’ di tempo con la sua famiglia ma la trova completamente stravolta: il padre, Alberto (Sergio Fiorentini), è ringiovanito di vent’anni grazie alle cure della nuova moglie moldava, la sorella psicologa (Anna Bonaiuto) non pensa che ai problemi suoi e della figlia stravolta dalla moda emo del momento, il fratello Luigi (Marco Giallini) è un sessuomane con una pesante inclinazione al consumo di cocaina. Su tutti aleggia la figura di Lara (Laura Chiatti), prima piacevole e tentatrice fuga dalla realtà per Carlo, poi bomba pronta a deflagrare tra i fragili equilibri familiari, infine unico fattore aggregante.


Padre Carlo è un prete assolutamente normale che va ad infilarsi nella lunga galleria dei personaggi verdoniani umili e sottomessi, tormentati dalla sfortuna e perennemente calpestati dal prossimo: la giungla che aveva lasciato in Africa la ritrova nella sua versione più subdola e urbana tra le beghe personali della sua famiglia dove la sua voce è destinata a rimanere inascoltata e i suoi problemi irrisolti. A riscattare l’umanità dalle meschinità dei familiari più stretti sono gli extracomunitari: la moglie moldava di Alberto, Lara e il gruppo di ragazze venute in Italia dall’Africa con l’unica prospettiva della prostituzione. Il film parte decisamente in sordina ma cresce rapidamente di tono risultando sicuramente divertente e godibile: quando in scena c’è Verdone non ridere è praticamente impossibile; piuttosto a mancare sono adeguate spalle. A parte l’ottimo Marco Giallini, il cui personaggio, divertentissimo, risulta comunque alla fine decisamente monocorde; sia la Bonaiuto che la Finocchiaro sono poco incisive e sembrano smarrirsi nei dialoghi. Non entusiasma nemmeno Laura Chiatti, molto bella e sensuale, ma non particolarmente brillante nell'adeguarsi ai tempi della commedia. Soprassediamo sulle interpretazioni delle due ragazzine emo, stucchevoli e insipide nella loro eccessiva caricatura: forse sarebbe meglio lasciare da parte le mode del momento, dalle quali il nostro Carlo è ormai oggettivamente troppo lontano. La presenza di un Verdone sempre in forma ed efficace - che regala ai fan un remake della sigaretta fumata da Manuel Fantoni/Sergio Benvenuti in Borotalco - è comunque una garanzia importante nell'ottica di una visione gradevole. Finale buonista in un’opera che ha avuto il beneplacito della CEI - Conferenza Episcopale Italiano - nonostante strizzi l’occhio a famiglie allargate e diffusione del profilattico nei paesi poveri. Assieme a Leonardo Pieraccioni, l’alternativa al cinepanettone riciclato.


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