Nonostante il successo piuttosto magro di Amore 14, Federico Moccia non è si dato per vinto e, anzi, si è subito profuso nella realizzazione di un nuovo film tratto, naturalmente, da un suo romanzo. Ad appena quattro mesi di distanza esce ora nelle sale Scusa ma ti voglio sposare, seguito del blockbuster “all'italiana” Scusa ma ti chiamo amore. Storia del burrascoso amore tra una diciassettenne capricciosa e sognatrice e un trentasettenne romantico e ingenuo, SMTCA (per usare un acronimo di quelli tanto amati dal regista/scrittore) è stato un successo formidabile sia in versione cartacea (dodici edizioni stampate per Rizzoli) che cinematografica (con più di dodici milioni e mezzo di euro incassati) nonostante la sonora bocciatura della critica. Bocciature che sembrano scivolare addosso all'inossidabile e imperterrito Moccia che, approfittando del periodo di San Valentino, invade ora le sale per la gioia delle fan (e la disperazione preventiva degli addetti alla critica). Niki (Michela Quattrociocche) e Alex (Raoul Bova), ora più uniti e innamorati che mai, lasciano il romantico faro che è stato il loro nido d'amore per quasi un anno, in favore di un appartamento nel centro di Roma: per Alex, alle soglie dei quarant'anni, è ora che la convivenza diventi qualcosa di più, e con un romantico stratagemma chiede alla ragazza di sposarlo. Quella che all'inizio sembra una favola moderna acquista presto i contorni di un incubo: Alex, oberato di lavoro e stressato dalle peripezie sentimentali dei suoi tre amici Enrico, Pietro e Flavio, non riesce ad essere partecipe ai preparativi per lo sposalizio, lasciando la futura consorte in balia delle snobissime sorelle di lui, che naturalmente hanno idee molto diverse da quelle di Niki su come vada celebrato un matrimonio. L'incontro-scontro tra le due famiglie, unito alla paura di lei di stare affrettando troppo i tempi rispetto alle sue amiche, portano la ragazza a rifugiarsi tra le braccia di un compagno di università, Guido (Andrea Montovoli), che rubando versi a Keats e Lorenzo de' Medici la convince a godersi la sua vita di ventenne senza troppe preoccupazioni. Ma Alex non ha certo intenzione di perdere Niki senza lottare... Nel momento di realizzare il seguito di un film così amato dal suo pubblico, Moccia ha richiamato il cast al completo, decidendo di dare però una sferzata ai toni: pur mantenendo temi e topoi a lui cari - come gli immancabili lucchetti e scritte d'amore sui muri - decide di portare la storia più sui binari della commedia che su quelli della storia d'amore, riuscendo effettivamente a strappare qualche risata tra una banalità e l'altra. Rispetto al primo episodio, ogni aspetto della produzione ha subito un certo miglioramento, pur non arrivando, purtroppo, a livelli ancora accettabili. Qualche scena è rimarchevole, ma si tratta di episodi slegati dal contesto principale, che per il resto è, come al solito, trito e ritrito, condito da dialoghi scialbi, interpretazioni altalenanti e veri e propri spot pubblicitari in corso d'opera. Il gioco di contrasti è fin troppo semplice e finisce per risolversi con troppa facilità rispetto alle mille avversità che sembrano dover patire tutti i (numerosi) protagonisti della pellicola. Non ne escono bene le figure letterarie dei personaggi: Alex sembra sempre più lobotomizzato; Niki è quantomeno “volubile” (per usare un eufemismo) e la figura di Guido è evanescente come le scritte sull'acqua keatsiane di cui si riempie la bocca, da bravo pariolino finto-ribelle qual è. Viene a mancare il senso stesso della storia, a ben vedere, perché una volta che Niki è maggiorenne - la Quattrociocche non sembra decisamente una ragazzina, in questo film - la differenza d'età conta relativamente poco come motore della vicenda, e anche il capovolgimento dei ruoli - è Alex il trascinatore stavolta - è un blando espediente. Moccia non fa che frullare elementi già visti dei suoi (ma anche altrui, vedasi le numerose “citazioni” di altri film) precedenti lavori, aggiungendo motivi attuali e psuedo-giovanilistici alla miscela pur di incontrare ancora il favore del suo pubblico, che ci chiediamo fino a quando continuerà a credere che sia romantico scusarsi per aver provato un sentimento d'amore.