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Trafficanti

15/09/2016 11:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

Trafficanti

Todd Phillips ricostruisce la surreale storia vera di David Packouz (Miles Teller) e Efraim Diveroli (Jonah Hill): due giovani che, improvvisatisi trafficanti d

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Todd Phillips ricostruisce la surreale storia vera di David Packouz (Miles Teller) e Efraim Diveroli (Jonah Hill): due giovani che, improvvisatisi trafficanti d’armi, scalano le gerarchie del loro settore fino a vincere una commessa da trecento milioni di dollari dal Governo Americano per la fornitura di armi da usare in Afghanistan. Portare a termine un lavoro di tale mole non sarà uno scherzo e i modi per raggiungere l’obiettivo potrebbero comportare accordi con personaggi non proprio raccomandabili e pesanti conseguenze su diversi piani.


Il racconto si sviluppa in modo scanzonato e divertente, grazie a due protagonisti capaci di sviluppare una buona alchimia, ma il suo riferirsi a una storia realmente accaduta richiama costantemente il pubblico, in modo quasi subliminale, a riflettere sulla follia di quanto si trova a guardare, fornendo una sorta di denuncia - travestita da farsa - di uno dei mercati e dei settori dell’economia più redditizi che esistano per Stati e privati.


Le ottime interpretazioni degli attori, su tutti un Jonah Hill in costante crescita, riescono a bilanciare le tante sfumature che i loro ruoli prevedono: la crescita del business, le azioni incoscienti e spregiudicate, la consapevolezza sempre più fievole del proprio ruolo in un meccanismo che opera ai margini della legalità con un certo grado di connivenza da parte delle stesse istituzioni. Ognuno di questi fattori determina l’evoluzione dei due caratteri, fino a un epilogo che è forse la parte più prevedibile del film, ma non per questo delude. Phillips fa tesoro dell’esperienza acquisita nelle commedie per crearne, di fatto, una nuova, a dispetto dell’origine reale dei fatti che racconta. La rappresentazione del mondo del traffico d’armi richiama film del passato come Lord of War di Andrew Niccol e Thank you for smoking di Jason Reitman, riportando con una cinica ironia le evoluzioni della politica adottata in materia di armamenti da Dick Cheney sotto la presidenza Bush Jr., i falsi moralismi e gli escamotage sociopolitici adottati dal sistema per mantenere un’apparenza di accettabilità. Tutti aspetti che in fondo fanno il paio con i compromessi che i singoli individui coinvolti fronteggiano con le proprie coscienze. Un film che diverte, incuriosisce e intrattiene per tutte le due ore e mezza della sua durata complessiva, lasciando a fine visione un buon grado di soddisfazione.


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