Wawa (Marie Wawa) e Dain (Mungau Dain) sono innamorati l’una dell’altro. Vivono a Tanna, isola dell’arcipelago Vanuatu abitata da diverse tribù, e appartengono al villaggio Yakel. Lei è dolce e risoluta, lui è l’aitante nipote del capo tribù. La vita scorre serena finché Wawa, per porre fine ai sanguinolenti scontri con i rivali guerrieri Imedin, viene promessa in sposa al figlio di Mikum, leader di ques’ultima tribù. Wawa e Dain non sono però disposti a rinunciare alla loro vita insieme così fuggono, ma saranno ben presto chiamati a decidere le sorti del loro stesso villaggio e del loro amore. Presentato alla 72ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e candidato a miglior film straniero (australiano) per la premiazione degli Oscar 2017, Tanna è tratto da eventi realmente accaduti; diretto da Martin Butler e Bentley Dean, vede l’eccezionale interpretazione dei membri della ancora esistente tribù degli Yankel. L’approccio spontaneo e non artefatto alla fotografia, limpida e naturale, ma anche le bellissime (anche se fugaci) riprese paesaggistiche sono sintomatiche di una regia dal gusto fortemente documentaristico e attento al verosimile. E tuttavia la macchina da presa, il montaggio, i suoni, la musica sostengono in primis l’intreccio senza mai invaderlo. Il soggetto in Tanna è chiaro: non è l’apprendimento delle abitudini di vita di una società tribale, né tantomeno una guida illustrata che mostri le meraviglie dell’isola, il borbottio del vulcano Yahul, le foreste incorrotte, i cieli incontaminati. Tanna va al di là di tutto ciò. È un film sincero, autentico e toccante in tutte le sue parti. È la storia d’amore intensa e tormentata di due giovani ai quali la fortuna non ha mai sorriso, e che contro tutti e contro tutto consumano il loro amore, un’evocazione tribale a Romeo e Giulietta: se William Shakespeare fosse nostro contemporaneo sarebbe certamente ispirato dalla forza di Dain e Wawa.