È un film oltre la politica e oltre la religione Libere Disobbedienti Innamorate - In Between della regista Maysaloun Hamoud, al suo primo lungometraggio. In italiano si è scelta una traduzione ad aggettivi (libere, disobbedienti, innamorate) ma se ne potrebbero trovare anche altri, forse meno adatti per un titolo ma altrettanto eloquenti: scapigliate, sconvolte, vive. Non è così difficile, per una cultura mediterranea come la nostra, immedesimarsi in una società in cui a fondamento dell'intera comunità si ergono valori basati sul buon costume, sulla famiglia tradizionale, sull’osservanza della religione e sull’aiuto al prossimo; per poi scoprire che la sostanza dei comportamenti, soprattutto dei più integralisti, è esattamente l’opposto. Al centro della storia ci sono tre donne: Laila (Mouna Hawa) giovane avvocatessa intelligente e affascinante; Salma (Sana Jammelieh), dj lesbica, rude e dolce; Nour (Shaden Kanboura) studentessa timida e insicura, imbrigliata in un matrimonio combinato. Le tre si ritrovano a condividere lo stesso appartamento, spartendo ciascuna episodi della propria vita. Tutte si rivelano unite dalla necessità di sentirsi bene nei propri panni, assecondando la propria personalità e non quella imposta dai valori promossi e tollerati di un Paese che non le rispecchia più. Le protagoniste sono giovani donne intelligenti, in posizione sconnessa rispetto a quelli che sono considerati i principi del decoro: Laila finisce per innamorarsi, ricambiata, ma nel momento in cui la storia potrebbe evolversi subentreranno i limiti di una mentalità maschilista e patriarcale; Salma nasconde la propria omosessualità alla famiglia; Nour sta da anni insieme a un uomo che vuole decidere per lei, tenendola a bada. Maturare indipendenza da una tela relazionale che inghiotte e spinge a conformarsi diventa una battaglia che ognuna delle tre donne persegue in silenzio e con coraggio, affrontando la solitudine e, a volte, il distacco dalla famiglia. Mayasoloun Hamoud sa entrare nell’intimità di ciascuno di questi ritratti di giovani donne moderne e intelligenti, senza mai togliere loro femminilità ma, al contrario, accentuandone il fascino. In modo realistico, prossimo a una docu-fiction, il film ci si immerge nella vita notturna di Tel Aviv, simile a quella di qualsiasi altra città europea. Il fumo, l’alcol, le droghe, il rapporto con il sesso e l’amore sono parametri costantemente messi sotto giudizio, per cui esiste una versione unilaterale che esclude la libertà dell’individuo. Eppure la regia segue da vicino ciascuna dalle tre protagoniste, evidenziandone proprio l’originalità e l’umanità . Non calca la mano, non si perde in smancerie, non edulcora i sentimenti e riesce però nell’impresa di far emergere un profondo contrasto culturale tra la vecchia generazione e quella emergente: quella che ha studiato, che fa carriera e che, tramite i mezzi di comunicazione e le tecnologie, è al passo. Una discrasia che si trasforma in una sommessa e costante lotta di resistenza di certi giovani rispetto ad adulti e anziani. Al di là della religione e della politica, che il film sfiora appena, senza mai entrare nel merito, la valutazione morale superficiale di ciò che è bene e ciò che è male non corrisponde più alla realtà . Queste tre donne così audaci e risolute riescono a farsi vessillo e portavoce di un cambiamento. «Era da così tanto tempo che non mi sentivo il cuore» dirà Laila nel corso del film, con una umanità semplice che però sconvolge e commuove.