Baby Driver - Il genio della fuga è un film di riscatto. Ne è intrisa la storia del protagonista e ancor di più ne è grondante la regia: frenetica, potente, controllata al limite del maniacale. Il riscatto personale di Edgar Wright sullo star-system hollywoodiano. Ma facciamo un passo indietro: regista inglese, Wright esordisce e si impone all’attenzione del mondo cinematografico nel 2004 con lo zombie-movie L'alba dei morti dementi in cui il suo stile, sebbene ancora acerbo, è già molto riconoscibile: un inno di passione per il cinema, impregnato di citazioni intelligenti, humor brillante e un tocco a tratti grottesco che gli valgono l’appellativo di «Tarantino inglese». Nel tempo intercorso tra l’esordio e il suo secondo lavoro (Hot Fuzz del 2007) Edgar Wright scrive la sceneggiatura di un film incentrato su Ant-Man, la sottopone alla Marvel e riceve l’ok per poterlo realizzare. Ma non subito. La Casa delle Idee sta programmando il proprio avvento cinematografico che avverrà nel 2008 con Iron Man, cambiando per sempre il concetto di cinecomics sul grande schermo. Passano gli anni, la Marvel continua a sfornare film, Edgar Wright seguita per la sua strada e porta al cinema l’adattamento di un altro fumetto (Scott Pilgrim vs. the World) finché nel 2013 il film non riceve il via libera: verrà integrato nel MCU e sarà il film di chiusura della Fase 2. Gaudio, tripudio e aspettative alle stelle per come Wright potrebbe imprimere il suo stile nel progetto. Ma c’è un problema: le idee del regista sono troppo personali e si scontrano con quelle della produzione, così questo molla tutto per divergenze creative poche settimane dopo l’inizio delle riprese. La prima avventura americana di Edgar Wright finisce così, con un progetto covato per 7 anni che gli è stato rubato dalle mani. Da qui la voglia di rimettersi in gioco e riscattarsi con quello che forse è il suo film più personale. La gestazione di Baby Driver - Il genio della fuga infatti ebbe inizio ancor prima di quella di Ant-Man : la prima bozza di sceneggiatura risale al 1994 e la sequenza di apertura del film è un aggiornamento del videoclip di Blue Song dei Mint Royale, che Wright diresse nel 2003. Baby (Ansel Elgort) fa l’autista durante le rapine, al saldo del boss Doc. Taciturno, non dà confidenza a nessuno; indossa sempre occhiali da sole ed è affetto da acufene dopo che da bambino ha avuto un incidente stradale. Deve perennemente avere nelle orecchie un paio di cuffie che pompano musica per soffocare il fischio che altrimenti gli perforerebbe i timpani. Stanco di questa vita, Baby è in cerca di un modo per riscattarsi e avere un nuovo inizio. In Baby Driver - Il genio della fuga Edgar Wright riversa tutta il proprio amore per le passioni a lui più care. In primis il cinema; tutto, senza eccezioni. Nel film si amalgamano talmente tanti generi diversi che diventa impossibile dargli un’etichetta precisa. Si passa dall’action al crime, dalla commedia al musical, dal dramma al romantico con una naturalezza disarmante e al contempo perfetta, segno che dietro la macchina da presa c’è qualcuno con delle idee molto chiare e una padronanza tecnica superiore a quel che lascia credere. Poi c’è la musica, quella dal sapore vintage, registrata su cassetta o incisa su vinili. Una colonna sonora pensata già in fase di sceneggiatura (quando si dice «scrivere con la musica in testa»), per la quale Wright ha voluto confrontarsi con un’altro estimatore di musica d’annata: il regista de Guardiani della Galassia, James Gunn. Entrambi temevano di avere canzoni doppie nei rispettivi film, ma alla fine così non è stato. Il risultato è un lunghissimo videoclip di quasi due ore, dove canzoni, montaggio e regia vanno di pari passo grazie alla geniale trovata di vivere la storia attraverso le orecchie di Baby: se lui ascolta musica noi sentiamo musica, se lui si toglie le cuffie noi sentiamo un fischio acuto. Ed è solamente una delle mille trovate geniali che rendono Baby Driver - Il genio della fuga un film di gran lunga sopra la media, confezionato con una cura tecnica quasi maniacale e una scrittura dei personaggi fluida e realistica al punto da averlo già reso un piccolo gioiello.