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L'amore criminale

23/04/2017 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

L'amore criminale

Thriller al femminile con protagoniste Katherine Heigl e Rosario Dawson

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Dopo essersi lasciata alla spalle un rapporto travagliato con un ex violento, Julia (Rosario Dawson) inizia una nuova relazione con l'affascinante David (Geoff Stults) andando a convivere con lui e con la figlia dell'uomo, Lily (Isabella Rice). Ben presto, però, l'esistenza di Julia viene sconvolta dalla presenza costante e inquietante di Tessa (Katherine Heigl), ex moglie di David.


Dopo una lunga carriera in veste di produttrice (tra i lavori più importanti Edward Mani di Forbice, Batman - Il ritorno, Ed Wood, tutti diretti da Tim Burton), Denise di Novi esordisce alla regia con L'amore criminale.


Denise di Novi cerca di costruire fin dalle prime battute un'atmosfera inquietante e insicura: un thriller psicologico (quasi) tutto al femminile, incentrato sullo scontro tra una ex moglie che non riesce ad accettare il nuovo rapporto del marito con la nuova fidanzata. Nonostante l'incipit flashforward prometta una costruzione narrativa più ampia, ben presto L'amore criminale (forse il titolo italiano vorrebbe rimandare a L'amore bugiardo - Gone Girl di David Fincher) dimostra di aderire con scarsa efficacia a una canovaccio di genere: il thriller sentimental/psicologico.


Eppure non c'è mai una vera sequenza veramente tesa: L'amore criminale prova a farsi forza attraverso il personaggio instabile interpretato da Katherine Heigl, una ex moglie incattivita da ciò che ha perso, che perseguita la nuova compagna del marito. Se l'intezione è quella del thriller passionale, il risultato purtroppo sguazza in una scrittura mediocre e in una messa in scena televisiva e patinata. Si poteva ragionare di più sul lato psicologico della vicenda e sulle implicazioni erotico/sessuali, che il film trasmette ma che non ha il coraggio di affrontare. Invece il racconto e la sceneggiatura si fermano a una storia di ossessione e amore malato. E le due protagoniste impersonano, in maniera didascalica, l'una il simbolo della difficoltà patologica di superare il passato; l'altra una banale metafora di riscatto personale.


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