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My Italy

22/05/2017 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

My Italy

Il nuovo folle progetto di Bruno Colella

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Un regista italiano gira per l'Europa in cerca di produttori per il suo film, un'opera che vuole raccontare l'Italia attraverso quattro artisti stranieri: lo scultore polacco Krzysztof M. Bednarski, il video-artista danese Thorsten Kirchhoff, il pittore americano Mark Kostabi e il performer malese HH Lim. In questo viaggio ne succederanno delle belle, sia al regista che ai suoi quattro artisti protagonisti.


C'è qualcosa di incomprensibile nel nuovo folle progetto di Bruno Colella, My Italy. Si potrebbe semplicemente liquidarlo come un poco riuscito esperimento di metacinema o di docufiction (o di qualsiasi cosa di ibrido esista per definirlo) ma non basterebbe a spiegare certe scelte registiche, autoriali e anche artistiche di Colella. L'idea centrale di My Italy è (forse) quella di raccontare l'Italia dal punto di vista di quattro stranieri. Se la trovata può avere dell'originale, una domanda sorge lecita: perchè scegliere degli artisti contemporanei (le cui opere sono anche piuttosto complesse) se tanto poi non si ha veramente intenzione di approfondire il tema dell'arte? Questi personaggi diventano nel film di Bruno Colella protagonisti di altrettante avventure che dovrebbero (il condizionale è d'obbligo) raccontare qualcosa di più del nostro Paese. Ma nessuno di questi episodi, al limite del non-sense, dice niente di particolarmente pregnante né sull'Italia né sui suoi protagonisti. C'è almeno un frammento, però, che appare riuscito: quello dello scultore Bednarski, alle prese con una vedova di camorra che gli chiede per il suo defunto marito una scultura funeraria uguale a quella realizzata per Kieslowski a Varsavia. La trama quasi ricorda gli intrecci di Eduardo De Filippo e, inoltre, Lina Sastri è bravissima. L'episodio meno riuscito è di certo quello del danese Kirchoff: c'è solo da scegliere il peggio, tra il siparietto con l'idraulico Rocco Papaleo, la sequenza kitsch con Sebastiano Somma nei panni di un transgender che vive in una grotta e i racconti spettrali di Alessandro Haber. Le avventure che hanno per protagonisti Kostabi, che mangia a scrocco nei migliori ristoranti di Roma e paga in dipinti, e il dolce Lim, innamorato di una bella italiana (Luisa Ranieri) vista al tavolino di un bar, lasciano semplicemente indifferenti. Forse queste quattro storie assurde avrebbero avuto senso come cortometraggi, ma Bruno Colella vuole a tutti i costi costruire loro una cornice di cui egli stesso è protagonista: ecco allora il personaggio del regista in cerca di finanziatori, alle prese con avventure grottesche; come quella con il produttore innamorato di Serena Grandi. Ciliegina sulla torta è la partecipazione dell'eccentrico critico Achille Bonito Oliva che, su un fondale anni Settanta, racconta l'arte contemporanea non si capisce bene a chi.


Certo, non si può dire che My Italy non venga dal cuore del suo autore. Per realizzare quest'opera Bruno Colella attinge a tutti i suoi mezzi e anche alle sue conoscenze: oltre ai quattro artisti internazionali, sono coinvolti nel film anche svariati amici attori come i già citati Lina Sastri, Rocco Papaleo, Sebastiano Somma, Alessandro Haber, Luisa Ranieri ma anche Piera Degli Esposti e Nino Frassica. Ma, nonostante questi sforzi, in My Italy c'è qualcosa di decisamente non riuscito. Non c'è un soggetto e neanche una vera sceneggiatura: si tratta più che altro di tante storie messe insieme, senza un vero inizio né una fine. Le (poche) buone idee, qualche battuta divertente o i pochi momenti ben recitati, si perdono nell'incomprensibile totalità. La fotografia del film, incredibile a credersi, è di Blasco Giurato. Ma non sempre ve ne accorgerete.


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