Soprattutto tra fan dell'horror, capita spesso di chiacchierare per consigliarsi dei film. Spesso i suggerimenti altrui servono per accelerare il recupero di qualche titolo già messo in lista; altre volte sono un incentivo a riprendere in mano questo o quel film, di cui si era visto il trailer o letto qualche opinione fugace sul web. Quando finalmente decidiamo di approcciare questa visione, nella maggior parte dei casi troviamo conferma dei nostri sospetti, ritrovandoci a guardare un dozzinale horror mainstream che ricalca i soliti stereotipi e si perde in bubusettete a buon mercato. Ma a volte, più raramente, accade di restare spiazzati: il film ci attorciglia tra le sue spire, stringendo la morsa sempre di più mano a mano che scorre sullo schermo. E e a fine visione stiamo leggendo i titoli di coda con un sorriso da ebete stampato in faccia e una bella sensazione di soddisfazione. Auguri per la tua morte appartiene a questa seconda categoria. La mattina del suo compleanno Tree (Jessica Rothe, che regge il film unicamente sulle proprie spalle, sfoderando un repertorio a base di smorfie e occhiate che da sole meritano la visione) si sveglia una mattina in camera di uno sconosciuto, reduce da una notte di baldoria. Si trascina per il campus universitario vivendo una giornata di routine, tra una scappatella con il professore, una riunione della confraternita e un’altra festa in serata. Finché un maniaco non la pugnala a morte. Il mattino dopo Tree si risveglia nello stesso letto, con lo stesso sconosciuto, e la giornata appena vissuta rincomincia da capo. L’idea di un protagonista che è costretto a rivivere sempre il medesimo giorno in un loop temporale infinito non è di certo una trovata originale. Un incipit già visto in svariate commedie anni ’80: da Un minuto dopo mezzanotte a Rincomincio da capo (peraltro citato esplicitamente anche nel film) sino alla variazione sul tema del mediocre Le morti di Ian Stone. Quello che rende (potenzialmente) interessante Auguri per la tua morte è la declinazione in chiave slasher che vorrebbe dare alla vicenda, in cui il body count viene portato avanti sempre dalla medesima vittima, infinite volte. Ma proprio questa premessa è anche il problema più grosso del film: la scream-queen di turno è vero che trova la propria fine ancora e ancora, nei modi più stravaganti e inaspettati, ma al contrario di un qualsiasi slasher che si rispetti, nei 96 minuti di pellicola si fatica a trovare un singolo omicidio che riecheggi anche solo vagamente lo splatter. Non c’è sangue, c’è ben poca violenza e il sadismo nemmeno viene preso in considerazione, al punto che molte morti non vengono mostrate esplicitamente ma si svolgono fuori campo. Gli omicidi della protagonista sono solo un escamotage come un altro per poter resettare la giornata e farla ripartire dall’inizio. Perciò, una volta accettato questo fatto e accantonate le aspettative da bassa macelleria che il titolo, ingannevole, si porta dietro (ma nella versione originale, Happy death day, è altrettanto ambiguo) resta un film composto, ordinato ed estremamente gradevole. Auguri per la tua morte raffazzona citazioni più o meno esplicite e situazioni che sanno di già visto, ma le rielabora in una propria prospettiva - magari non originale - scorrevole e, a tratti, affascinante. Un film che riesce a inanellare un paio di colpi di scena abbastanza spiazzanti, una morale forse troppo buonista ma che lo spettatore accetta senza problemi una volta entrato nella giusta ottica della narrazione. Perché Auguri per la tua morte è davvero un buon film d’intrattenimento. Che però non è un horror né tantomeno uno slasher.