Bruno (Michele Riondino) è un giovane uomo che vede nella malattia che lo ha colpito la conseguenza di un antico trauma. Non riuscirà ad aiutarlo neppure la moglie Elena (Valentina Cervi), restauratrice che sta riportando alla luce un antico dipinto, proprio nel momento in cui il marito ritorna sui passi della propria infanzia. Nello stesso tempo un'altra coppia, un padre (l'attore e scrittore Vitaliano Trevisan) e una figlia (Elena Radonicich) cercano di quadrare i conti della vita, senza aver considerato un passato che sta di nuovo per abbattersi su di loro.
Il cinema di Gianclaudio Cappai mantiene la grazia e la naturalezza di una corsa tra i campi, perchè parla attraverso le immagini e i simboli del sogno e delle fiabe.
Senza Lasciare Traccia è un'opera prima: eppure nel suo regista, Gianclaudio Cappai, sono già rintracciabili una poetica, uno stile peculiare, una vera maturità nel raccontare storie. Quello del regista sardo è un cinema teso, vivo, fisico, pulsante sangue. Se così non fosse, come potrebbero nutrirsi e riaffacciarsi i fantasmi del passato, alla ricerca di una riconciliazione, di una comprensione, o di un epilogo tragico? Ci sono giochi di simmetrie, segreti, vendette, sentimenti di pietà e autentici orrori in questa favola nera. Ma, nonostante tutto, è un delicato, contraddittorio e autentico sentimento d'amore a fare da sfondo. Gianclaudio Cappai evoca figure e forze ancestrali in un cinema che non parla alla testa, ma al cuore e allo stomaco, e affonda le radici in una cultura antica fatta di evocazioni, rituali, sacrifici di animali e che trae la sua forza dalla terra – in questo caso la Lombardia – e dai suoi elementi primordiali.
L'etica si fa estetica e il casolare isolato, con annessa la fornace, in cui vivono un padre e una figlia diventa un luogo fuori dal mondo e dal tempo, grazie a una fotografia magistrale, punto di forza del cinema di Cappai, che fa parlare il suono e lascia che sia lo spazio a definire i contorni del reale. Tutto questo è il risultato di un lavoro rigoroso, di una ricerca registica accurata, ma soprattutto di una sensibilità straordinaria, quella di chi sa raccontare storie universali. Il cinema di Gianclaudio Cappai mantiene la grazia e la naturalezza di una corsa tra i campi, perchè parla attraverso le immagini e i simboli del sogno e delle fiabe.