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The Predator

04/10/2018 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, predator, AvsP,

The Predator

Nuova linfa al franchise Predator, mai davvero decollato

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Nel 1987 Predator è stato un b-movie ad alto budget che è riuscito a ritagliarsi una nicchia nell’immaginario collettivo grazie soprattutto a 1) Arnold Schwarzenegger al top della forma fisica 2) un alieno dalla faccia da granchio, opera di quel genio di Stan Winston 3) la scena finale con questi due che si menano fortissimo nella giungla. In realtà oltre a questi vi sono almeno un altro centinaio di piccoli aneddoti e dettagli che hanno contribuito a consacrare il film come un cult; peccato che tutti i successivi tentativi di far proseguire la saga si siano rivelati delle bolle di sapone. Male l’idea del sequel di trasporre l’azione nella giungla urbana; malissimo i due crossover con gli xenomorfi di Alien; meglio (ma non abbastanza) lo pseudo-reboot a opera di Robert Rodriguez, nel quale in molti avevano sperato, ma che ha fatto sprofondare la saga nell’oblio per gli 8 anni successivi. Fino a quando Shane Black e Fred Dekker non hanno deciso di riprovarci. Non è chiarissimo se questo nuovo film sia un remake, un reboot, uno spin-off né come si incastri nella continuity di cui sopra: prendiamolo come film a sé stante.


Una nave aliena cade nella giungla messicana durante un’operazione top-secret dell’esercito USA. Il governo, per insabbiare la storia, rinchiude l’unico militare sopravvissuto in un centro di sanità mentale e trasporta l’alieno in una base segreta per studiarlo. Ovviamente le cose sfuggono di mano: la creatura scappa e un gruppo mal assortito di ex-militari con problemi mentali più o meno gravi cercherà di fermarla.


Come si fa a parlare male di un film scritto da Fred Dekker e diretto da Shane Black? Per i profani: Fred Dekker ha realizzato gioielli come Chi è sepolto in quella casa, Dimensione Terrore e soprattutto Scuola di mostri prima di prendere le distanze dal cinema per più di un ventennio. A Shane Black va il merito di aver sceneggiato la saga di Arma Letale prima di esordire alla regia con Kiss Kiss Bang Bang, seguito da qualche altro film non così memorabile.


Solo leggendo questi due nomi e il loro curriculum, è chiaro che il loro film trasuda anni ’80 da ogni poro. Non siamo però nei dintorni di Stranger Things e Ready Player One, del citazionismo spinto, dei rimandi, degli ammiccamenti e della nostalgia canaglia che regna sopra ogni cosa: quello che Dekker e Black riescono a distillare è una sceneggiatura che racchiude l’essenza di quegli anni e la traspone al giorno d’oggi, creando così uno stacco fortissimo rispetto alla media dei film derivati da operazioni simili.


Qualche esempio sparso: il tasso di sangue e violenza, mai eccessivo, che grazie al rating R nemmeno è costretto ad autocensurarsi (sarebbe stato ridicolo); il gran numero di parolacce gratuite (uno dei protagonisti ha la sindrome di Tourette) e, dulcis in fundo, un personaggio che fuma! Davvero, provate a ricordare l’ultimo film mainstream in cui un personaggio si accende sigarette di continuo non perché è il cattivo o perché è utile ai fini della storia... ma solo perché ha voglia di fumare. Poi ci sono una serie di trovate più o meno geniali che rimandano a un immaginario consolidato (la base militare segreta in cui vengono studiati gli alieni), a topoi abusatissimi ma sempre efficaci (tutto il secondo atto che si svolge durante la notte di Halloween), l’entrata in scena del SuperPredator che sposta la mitologia (mai veramente approfondita) della saga verso un’interessante deriva.


Per tutta la prima ora abbondante il film ha un ritmo pazzesco, velocissimo e serrato grazie soprattutto ai dialoghi tra i personaggi (la squadra di ex-marine con problemi mentali soprattutto, che lo avvicina moltissimo ai buddy-movie da cui Black è partito) e a un continuo cambio di registro che passa dall’action, alla commedia, all’horror, all’avventura per ragazzi. Cede un po’ nel terzo atto, dove a farla da padrona è l’azione non sempre chiarissima (la location del bosco di notte non aiuta), ma nel complesso rimane un buon film che quantomeno prova a iniettare un po’ di nuova linfa a questo franchise mai davvero decollato. Menzione d’onore al tamarrissimo finale che lascia presagire un inevitabile sequel.


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