William Friedkin è una figura cardine della storia del cinema, profondo innovatore tanto del genere poliziesco che horror, con capolavori riconosciuti come Il braccio violento della legge, Vivere e morire a Los Angeles e, ovviamente, L'esorcista. Se i film che l’hanno reso noto al grande pubblico sono rimasti negli annali come veri punti di svolta nell’utilizzo della macchina da presa come strumento narrativo, questo si deve alle capacità tecniche, ma soprattutto alla particolare visione verista che caratterizza William Friedkin. La figura di Friedkin e l’importanza delle sue opere sono l’oggetto di Friedkin Uncut - Un diavolo di regista, documentario di Francesco Zippel, che nell’arco di 107 minuti costruiscono una narrazione che parte da L'Esorcista per tornare alle origini della famiglia Friedkin, per poi ripercorrere la carriera del regista fino al 2017. Se protagonista del documentario è Friedkin come regista, l’uomo William Friedkin è uno dei testimoni - diremmo il più diretto - chiamato a raccontare un percorso professionale entusiasmante. Accanto alle sue, Zippel pone le testimonianze di tanti pezzi da novanta del cinema mondiale, da Francis Ford Coppola e Walter Hill a Dario Argento e Quentin Tarantino, da Willem Dafoe a Wes Anderson, Damien Chazelle e Matthew McConaughey. Il tema che emerge con più forza dal lavoro di Francesco Zippel è l’interesse di Friedkin per il rapporto fra bene e male e come questo caratterizzi ognuno di noi, sedimentandosi in un mix personale che non è quasi mai integralmente riferibile ad uno dei due estremi. È da questo interesse che nasce la terrorizzante credibilità dei personaggi de L'esorcista, come quella dei protagonisti dei polizieschi più duri e innovativi della storia del cinema. Sul piano tecnico è affascinante invece la propensione per un cinema quasi documentaristico, che ricerca immediatezza e verità, sia ricorrendo a pochissimi ciak per scena, sia premurandosi di documentarsi al limite del parossistico per proporre su schermo sequenze che siano più realistiche possibili. Friedkin è un regista non per sacro fuoco, ma per circostanza. Arrivato al cinema quasi per caso, percorre una lunga gavetta iniziata come smistatore di lettere per un’emittente televisiva, dove matura una ragionata consapevolezza dei suoi interessi e dei suoi fini, tanto da considerarsi un professionista, non un artista: definizione che a suo modo di vedere si può attribuire a pochissimi nel mondo del cinema. Eppure se non artista, certamente Friedkin ha saputo essere innovatore e maestro, appassionato d’arte e colto cinefilo, con una netta propensione per il parlare chiaro e una predilezione per il caffè americano, rigorosamente nero. Una figura da conoscere e approfondire, anche grazie a questo bel documentario.