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Cosa fai a Capodanno?

14/11/2018 11:00

Andrea Desideri

Recensione Film,

Cosa fai a Capodanno?

Il Capodanno di Filippo Bologna

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La domanda più scomoda, che già in questo periodo dell'anno ci tormenta, diventa un film, grazie alla fantasia di Filippo Bologna, una delle firme di Perfetti Sconosciuti. Il 31 dicembre è in arrivo una tempesta solare ma un furgone di catering tenta il tutto per tutto pur di arrivare in uno chalet di montagna, in cui Mirko e Iole hanno organizzato un Capodanno differente: passeranno la notte di San Silvestro con persone mai conosciute e all’insegna delle più torbide trasgressioni. Un servizio a domicilio accenderà i riflettori su questa torbida comitiva unita dal gusto del proibito.


Filippo Bologna, forgiato dall’esperienza con Paolo Genovese, ha deciso di mettersi in proprio e dar vita a una commedia stravagante dalle tinte oscure che arriva subito prima del periodo natalizio (Bologna firma anche l’imminente film di Leonardo Pieraccioni Se son rose, in qualità di co-sceneggiatore) ma non se la sente di scimmiottare i cinepanettoni. Quindi, prende la comicità di fine anno e la stravolge, sia per canoni che per collocazione.


Cosa fai a Capodanno? mette insieme degli estranei in un casale, per passare un giorno di festa facendo i botti in modo non convenzionale: al posto dei classici petardi, il sesso di gruppo. Un modo per abbattere qualunque tabù. Infatti, l’insieme di persone è costituito da personalità variegate ed eterogenee: la donna attempata con il ragazzo giovane, la coppia in cerca di metodi per ravvivare la fiamma della passione, il politico con la compagna. Si va a comporre, quindi, un ricco scacchiere con pedine che, inter scambiandosi, dovrebbero dare adito agli equivoci più disparati.


Allora il cast è assortito e sfavillante: Luca Argentero, Ilenia Pastorelli, Alessandro Haber, Isabella Ferrari, Vittoria Puccini, Valentina Lodovini, Riccardo Scamarcio. Un’assortita comitiva di persone sembrerebbe esser l’ideale per fornire una diversità di emozioni e sussulti, specialmente quando si va sul piccante. Questa commedia si fregia di essere black, ma si attesta, se vogliamo, più sul grigio spento: vuole cavalcare il populismo dei tempi moderni con la vis cinica e corroborante degli interpreti. Il risultato, però, è poco stimolante.


Solitamente le commedie nere prendono spunto dalla cronaca attuale per farne un umorismo penetrante: in quest’opera manca quell’aggressività sana, e in parte propedeutica, che permetterebbe al progetto di decollare. Non si può pretendere di fare umorismo nero infarcendo qualche luogo comune, o dalla provocazione si passa alla scontatezza. Si prova a tirare in ballo il razzismo, le differenze di genere, i radical chic con tutte le loro controversie, ma viene fatto in modo errato e prevedibile: quasi a non volersi assumere alcuna responsabilità.


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