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Flesh Memory

20/12/2018 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Flesh Memory

Flesh memory, il racconto di Finley Blake

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Flesh Memory nasce da un’ossessione: l’ossessione che il regista francese Jacky Goldberg nutre nei confronti di Finley Blake. I due si conoscono a New York nel 2005 e, una volta tornato a Parigi, Jacky inizia a seguire il blog della ragazza, un affascinante e intimo diario di fantasie sessuali e storie erotiche. Quattro anni più tardi Goldberg realizza Far from Manhattan, un cortometraggio di circa 20 minuti ispirato da tali racconti, affidando la parte di Finley a un’attrice, e lo spedisce alla blogger senza mai ricevere risposta. Alla stregua di uno stalker, Jacky continua a seguire la vita di Finley sui social: lo spostamento ad Austin, il matrimonio seguito dal divorzio, la nascita e la grave malattia del figlio, tutto questo senza che i due avessero mai un contatto diretto. Dopo circa dieci anni dal loro incontro a NY, i due si incontrano nuovamente e Jacky apprende che nel frattempo Finley è diventata una camgirl e si guadagna da vivere con i suoi spettacoli on-line. In quel momento nella sua testa prende forma l’idea di realizzare Flesh Memory. Un video-ritratto di Finley Blake. Interamente ambientato tra le mura della sua casa di Austin, il documentario ha lei come sola e unica protagonista: ci viene presentata mentre svolge il suo lavoro, chattando con i clienti, volteggiando attorno a un palo da lap-dance e dando corpo alle fantasie dei suoi clienti. A webcam spenta, Finley si aggira per la sua casa mezza vuota come se fosse un fantasma, avendo la maggior parte delle sue interazioni sociali filtrate attraverso altri schermi; a parte alcuni fattorini che le consegnano a domicilio, messaggia con suo figlio e parla via chat con un’altra camgirl con la quale Finley avrà il solo dialogo in grado di dar senso al film stesso.


Come per il film da poco sbarcato su Netflix, Cam, storia di una camgirl la cui identità on-line viene improvvisamente rubata, anche Flesh Memory usa lo schermo del pc come metafora e specchio del dualismo della sua protagonista. Da un lato la sua vita sul web, in cui appare come una ragazza sexy, intrigante e piena di “amici” virtuali; dall’altro la realtà, fredda e ostile. Se in Cam la protagonista lotta contro un usurpatore digitale, qui Finley lotta contro le drammatiche ingiustizie della vita.


Se sulla carta l’idea alla base di questo documentario poteva sembrare interessante (la doppia vita di una calda camgirl, uno spunto a dir poco inusuale), quello che Jacky Goldberg mette in scena è un racconto troppo distaccato e freddo, al punto che lo spettatore rimane indifferente alla vicenda che scorre sullo schermo. Non c’è empatia, non c’è coinvolgimento e soprattutto non vi sono emozioni. Quando Flesh Memory giunge al termine, dopo appena 60 minuti, ciò che resta impresso allo spettatore sono solo le nudità di Finley. Anche quelle, però, si dimenticano in fretta, facendo sprofondare il film nell’anonimato più totale.


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