Il sergente Will Montgomery (Ben Foster), tornato ferito e decorato dalla guerra in Iraq, è prossimo al congedo, ma nei tre mesi che mancano viene incaricato di condurre un’ultima missione, che lo pone di fronte a difficoltà alle quali non è stato mai addestrato: ogni guerra ha i suoi caduti, e sarà lui a notificare il decesso dei soldati ai loro congiunti. Per questo arduo compito, che lo vedrà costretto a spezzare il cuore di mogli, genitori e figli, avrà come ufficiale di riferimento e compagno, il duro capitano Tony Stone (Woody Harrelson), un veterano in questo tipo di missioni. Il lavoro è quanto mai delicato e il rapporto che Will deve costruire con Tony non è, almeno inizialmente, una realtà di più facile gestione: entrambi gli uomini, per motivi diversi, sono gravati dal peso di un’esistenza che impedisce loro la normalità dei rapporti sociali. La libera espressione delle proprie emozioni è qualcosa che, una volta indossata la divisa, deve essere inibita, come deve esserla l’empatia nei confronti delle persone alle quali bisogna portare il messaggio di cordoglio da parte della Segreteria dell’Esercito. Se Tony sembra averlo accettato, Will riesce faticosamente a farsene una ragione. Diretto da Oren Moverman, alla sua prima regia, e ideato da Alessandro Camon, Oltre le regole è un film intimista: il racconto si concentra infatti sulle emozioni e sui sentimenti di Will, sulla sua disperata ricerca di condivisione, sulla percezione di sé e sul tentativo di preservare la propria umanità laddove gli viene imposto di essere distaccato. A stemperare la durezza del film, che risulterebbe altrimenti insostenibile, è la figura di Tony, personaggio tragico al quale Harrelson riesce a dare una vena ironica estremamente marcata, capace di strappare più di un sorriso nel corso della narrazione. Nonostante l’ironia di alcune battute e la speranza data da alcuni frangenti, Oltre le regole è un film estremamente amaro, che nel raccontare la tragedia quotidiana di chi è incaricato di essere un “angelo della morte”, si inserisce nel filone di quei film che denunciano l’orrore della guerra. Di quell’orrore il film presenta un aspetto forse marginale, ma emotivamente destabilizzante: come il Vietnam negli anni ’60 e ’70, l’Iraq è diventato l’argomento principale sul quale l’America è chiamata ad interrogarsi, un fronte psicologico sul quale è difficile combattere e sul quale, apparentemente, non si può evitare di perdere.