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Election 2

23/05/2010 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Election 2

Accompagnato dal sottotitolo Harmony is a virtue, Johnnie To continua il suo viaggio nel mondo delle triadi con il secondo capitolo di Election, uno dei punti p

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Accompagnato dal sottotitolo Harmony is a virtue, Johnnie To continua il suo viaggio nel mondo delle triadi con il secondo capitolo di Election, uno dei punti più alti della sua carriera. Ambientato due anni dopo il primo film, l'attenzione è concentrata nuovamente su Lok (Simon Yam), che non è affatto intenzionato a cedere il potere dopo tutta la fatica e il sangue versato per ottenerlo. Ma la scadenza del suo "mandato" è prossima, e Jimmy (Louis Koo), un suo vecchio protetto, sembra mettere a repentaglio la riconferma, proponendosi come il più pericoloso dei rivali. Una nuova battaglia per il comando delle triadi è quindi alle porte, e le perdite e i sacrifici necessari per ottenere la vittoria sono solo agli inizi.


Election 2 si candida probabilmente ad essere l'opera più cruda e violenta del maestro di Hong Kong: il racconto di una lotta sanguinaria e senza pietà, dove gli uomini diventano corpi mercificati, oggetti di scambio e tortura per ottenere vantaggi in questa diatriba mafiosa. Lo sguardo con cui il regista ci mostra questa brutalità è lucidamente cinico, e i risvolti psicologici che attanagliano i personaggi spaventano per il loro estremismo, laddove dolore e pietà non sono concessi se si vuole raggiungere il potere. Il tutto in una Hong Kong, splendida protagonista pulsante e reale di tutte le pellicole di To, che appare qui ormai sottomessa al potere economico della Cina, in un'orgia visiva e mediatica mescolata all'occidentalizzazione che ormai da anni ha trasformato l'ex-colonia britannica. A differenza del precedente episodio, ci si stacca da alcuni cliché del film di genere classico hongkonghese, in favore di uno stile più moderno e sontuoso, cupo e visionario. Election 2 è forse l'opera della maturità, dove il cinema di To pare staccarsi da alcuni dei suoi elementi cardine di onore e amicizia in favore di uno sguardo più ampio e aperto sulla società delle Triadi, microcosmo che emerge in tutti i suoi vizi ed estremismi, perdendo in parte il rispetto delle regole spesso narrato in altre pellicole. Il tutto mostrato senza restrizioni, con una direzione precisa e puntuale, supportato da una fotografia di grandi livelli che trasforma le notti di Hong Kong in una sorta di crocevia per l'inferno, irto di scelte dolorose e di una macabra ossessione per ottenere lo scettro, assurto a simbolo del male che permea a sé i propri contendenti.


Simon Yam ancora una volta si conferma attore di primissimo livello, e (insieme ad Anthony Wong) è la punta di diamante del prolifico rooster feticcio del buon Johnnie. Il suo Lok è diventato, se possibile, ancora più cattivo e spietato di quello visto nel precedente episodio, e i suoi sguardi, sorrisi e parole sono sempre ammantati di una perfidia sottile che ammalia e cattura. A contastare le sue mire troviamo l'ottimo Louis Koo, che non fa rimpiangere il bravo Tony Leung Ka Fai. Tra i comprimari facce più o meno conosciute, e una menzione d'onore spetta a Suet Lam, onnipresente nella cinematografia di To. Election 2 trascende una certa sospensione degli eventi, per esplodere poi con una potenza e crudeltà machiavellica, in scene dure da digerire anche per gli amanti della violenza più spinta. Non si scade mai però in quella fine a se stessa, e qui ogni gesto, anche il più condannabile, è motivato da una ricerca interiore, in cui lo spirito perde ogni controllo e cede alla bramosia del male, ragionato, affabile, suadente. Il dittico di Election consacra il suo autore nel gotha del cinema mondiale, divenendo un classico, percorso morale e fisico di inaudita crudeltà.


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