Nel film di Gary Gray, Be Cool, Dwayne Johnson (che ancora si faceva accreditare come “The Rock”) interpretava lo scagnozzo – col cervello di una ragazzina – al soldo di un ancora più squinternato gangster (Vince Vaughn) del mondo discografico. E che le smanie e le velleità artistiche cinematografiche di un personaggio caricaturale come l’effeminato Elliot Wilhelm risultassero comunque esilaranti sul corpo dell’ex gloria del Wrestling americano, lo si capisce anche dal cambio di rotta dei ruoli da lui interpretati di recente. Insabbiati, infatti, i panni del Re Scorpione e ruoli spiccatamente action, Johnson sembra abbracciare di buon grado la commedia per famiglie (Cambio di gioco e Corsa a Witch Mountain), dimostrando che una montagna di muscoli con un passato tra le corde di un ring, non necessariamente, per mantenere la propria credibilità, deve rimanere ingabbiato in ruoli da macello. Derek Thompson (Dwayne Johnson), stella in declino dell’hockey professionistico, per prolungare gli ultimi scampoli di notorietà, si esibisce, per il gaudio del pubblico che lo ha soprannominato “fatina dei denti”, in fallacci spettacolari ai danni degli avversari, che costano a questi ultimi gli incisivi, e a lui il più alto numero di minuti di penalità della lega. Disincantato e surclassato dagli ultimi arrivati, Derek è portato a distruggere i sogni dei piccoli fan che vorrebbero praticare lo sport sul ghiaccio, esortandoli a non credere in fantasie illusorie e mai appaganti. Pure alla figlia della fidanzata Carly (Ashley Judd), quando cade il primo dente e non trova sotto il cuscino il biglietto da un dollaro sottratto poco prima dallo stesso Derek a corto di spiccioli, per risolvere l’inconveniente, le rivela cinicamente che la fatina dei denti non esiste. Giunta voce alla regina delle fate (Julie Andrews) che sulla terra si aggira un killer dei sogni, a Derek verrà assegnato un assistente sociale che lo accompagnerà a scontare la sua pena: per due settimane il nerboruto hockeista dovrà girare nottetempo in calzamaglia e bacchetta magica, ad assolvere il lavoro di fatina dei denti. Ci sono volute ben cinque penne, tra le quali spiccano quelle della coppia veterana Ganz/Mandel (Scappo dalla città 1 e 2, Robots, La pantera Rosa 2) e del Singer di Mrs. Doubtfire, una sempre squisita Julie Andrews e un breve quanto scoppiettante cameo di Billy Crystal, per permettere al regista di pellicole natalizie (con qualche incursione televisiva nella serie Friends) Michael Lembeck, di riunire in un solo film il genere fantasy, lo sport- e il talent-movie (più vicino a The Rocker che a School of Rock), e ammantarlo della magica polvere del cinema per famiglie di stampo disneyano. E se comunque il target di riferimento rimane under-thirteen, L’acchiappadenti riesce a strappare qualche sorriso anche a un pubblico più smaliziato, grazie soprattutto alla predisposizione demenziale di Johnson e al rapido scambio di battute con un Crystal dalla verve comica sempre pronta e fulminante. Forse era meglio la mazza da baseball, benché rossa e d'alluminio, maneggiata nel film di Gray che la bacchetta magica di Lembeck: in ogni caso, anche senza seguire il consiglio di John Travolta (Chili Palmer in Be Cool: “dovresti azzardare ogni tanto qualche personaggio da uomo”), si apprezza dell'ex wrestler la capacità di prendersi maledettamente e ripetutamente poco sul serio.