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Hot Fuzz

19/07/2010 10:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Hot Fuzz

Per tanto, troppo tempo il cinema d’azione è stato rilegato nel ghetto dei film di seconda categoria: pellicole fracassone dove duri di turno (Arnold Schwarzene

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Per tanto, troppo tempo il cinema d’azione è stato rilegato nel ghetto dei film di seconda categoria: pellicole fracassone dove duri di turno (Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone, Jean-Claude Van Damme) gonfi di muscoli e lucidi di sudore, scampano a sparatorie, esplosioni e disastri di ogni sorta, salvando sempre la situazione e uscendone miracolosamente illesi, magari con la bella di turno tra le braccia. Con gli anni, però, il cinema è cambiato e sul finire degli ’80 le pellicole action sono uscite dal ghetto in cui erano state segregate, contaminando molti altri generi in un periodo che si può definire come “l’alba dei blockbuster”. Saghe come Arma Letale e Die Hard hanno letteralmente sdoganato il genere grazie a una miscela di azione e humor che è diventata l’imprint dei moderni prodotti. Ma solo con l’avvento del nuovo millennio, dopo che i Wachowski dimostrarono che era possibile fondere azione e filosofia, dopo che Mtv instillò in Hollywood la moda di girare film con inquadrature dalla durata di meno di un secondo, e grazie ai nascenti filoni di cinefumetti e cinevideogiochi, l’action inizia a essere apprezzato dal grande pubblico, in cerca di maggior intrattenimento e meno pensiero. Registi come Tony Scott, Michael Bay e John McTiernan divennero veri e propri punti di riferimento per i cineasti bramosi di girare un action adrenalinico. Tuttavia solo nel 2007 questi maestri otterranno la consacrazione grazie a un personalissimo omaggio a loro dedicato.


La triade di cinefili Edgar Wright (regista), Simon Pegg e Nick Frost (attori), conosciutisi sul set della serie Tv inglese Spaced e reduci dal loro personale omaggio agli zombie-movies Shaun of the dead, affronta il delicato compito di imbastire un film in cui si mischino action, black comedy, un tocco di gore e reverenziali omaggi che non scivolano mai nella parodia. L’agente Nicholas Angel (Simon Pegg) è il miglior poliziotto in circolazione a Londra. Migliore a tal punto che colleghi e superiori, per non sfigurare, decidono di trasferirlo a Sandford, paesino sperduto nella campagna inglese dove non accade mai nulla, o almeno così sembra. Il ritrovamento di due cadaveri decapitati verrà archiviato dalla polizia locale come un banale incidente, ma Angel non è convinto e inizia a indagare con l’aiuto di Danny Butterman (Nick Frost), burroso e goffo poliziotto locale con la fissa dei film d’azione.


Wright gira con passione, sfoggiando senza ostentazioni il proprio talento da cinefilo come se fosse un Tarantino inglese. Ogni inquadratura trasuda rimandi a film, registi, situazioni; le citazioni spaziano da Bad Boys a Point Break, da Léon a Die Hard arrivando sino a Kill Bill e Tango & Cash. Un intrattenimento colto oltre che divertente, denso di trovate geniali ed esilaranti. Pegg e Frost sono impeccabili: una coppia di moderni Blues Brothers dell’azione che si complementano in un modo che non si vedeva dai tempi di Mel Gibson e Danny Glover in Arma Letale. Degno di nota anche il cast di comprimari, che annovera in piccoli ruoli star inglesi come Martin Freeman (Guida galattica per autostoppisti), Bill Nighy (il Davy Jones dei Pirati dei Caraibi) e il premio Oscar Jim Broadbent (Iris, Moulin Rouge, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo). Ogni personaggio è caratterizzato con tratti ben definiti e all’interno dei 121 minuti di pellicola ha il suo piccolo momento di gloria. La fotografia è curata al punto che risulta quasi maniacale, passando dal desaturato alla grana, dai neri abissali delle scene di notte alle luci fluorescenti. La storia alterna atmosfere horror (grande passione di Wright & co.) a inseguimenti mozzafiato suggellati da una regia da videoclip frastornante ma non confusionaria, il tutto condito da sparatorie, battute taglienti e citazionismo a mille.


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