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Carissima me

11/03/2011 12:00

Valerio Ferri

Recensione Film,

Carissima me

Marguerite (Sophie Marceau) è un'affascinante quarantenne in carriera, dedita unicamente al suo lavoro manageriale e con una vita molto frenetica...

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Marguerite (Sophie Marceau) è un'affascinante quarantenne in carriera, dedita unicamente al suo lavoro manageriale e con una vita molto frenetica. L'incontro improvviso con un anziano di passaggio le fa avere una busta con svariate lettere all'interno, scritte di suo pugno durante l'infanzia. La curiosità prevale sullo scetticismo iniziale e malgrado tutto Marguerite è costretta a fare i conti col suo passato, per la prima volta dopo moltissimo tempo.


Nonostante la decisione di prendersi una pausa dal set, la Marceau ha ceduto con grande entusiasmo alle avances del regista-sceneggiatore Yann Samuell, che ha più volte ripetuto di aver considerato l'attrice francese come prima e unica scelta per il suo progetto, comprendente una figura protagonista decisamente iconica e didascalica. All'interno del film non figurano altri attori di rilievo internazionale ed è indubbio che la fama dell'interprete di spicco abbia giocato un ruolo decisivo per la distribuzione della pellicola anche oltre i confini d'oltralpe; visti e considerati il soggetto piuttosto riciclato e la regia oltremodo confezionata. Dopo Amami se hai il coraggio si torna comunque a delle percezioni meno oniriche e fantasiose, sebbene il nodo focale resti sempre una sintesi tra l'io convenzionalmente più infantile e quello adulto.


Non si può certo dire che l'opera brilli per originalità – il tema del professionista totalmente immerso nella propria carriera, che ricorda improvvisamente di esser stato bambino, è tutto fuorché innovativo – ma la grande personalità della Marceau riesce ad infondere un calore e una vivacità non indifferenti, sufficienti quantomeno per garantire uno spettacolo godibile rivolto a tutta la famiglia. L'evoluzione della storia offre comunque spunti e riflessioni interessanti sul peso del passato e le ripercussioni più o meno latenti su quella che dovrebbe essere l'età della ragione. I toni stemperati tipicamente francesi permettono poi di offrire ancora un ottimo spaccato ibrido tra drama e comedy; formula raramente riuscita in altri paesi, come l'Italia, monopolizzata ormai in modo quasi precipuo da opere satiriche o interpreti popolari dal passato cabarettista. A tratti sembra pure di intravedere Amélie Poulain, ma sono solo deja vu dovuti a un marchio culturale ben identificato e a dei flebili rimandi visivi; per poi tornare ad anni luce di distanza, sia in termini di coinvolgimento che di messaggio implicito nella narrazione.


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