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Cinema della violenza, la sponda più profonda dell'estremo

06/03/2020 17:17

Marco Filipazzi

Approfondimento Film, Cinema Estremo, Film Estremo,

Cinema della violenza, la sponda più profonda dell'estremo

Dopo weird e disturbing-drama, una nuova puntata della rubrica dedicata al cinema estremo: stavolta parliamo di cinema della violenza

Dopo weird e disturbing-drama, una nuova puntata della rubrica dedicata al cinema estremo: stavolta parliamo di cinema della violenza

Durante il nostro viaggio nel cinema estremo ci siamo allontanati dalla spiaggia del mainstream a grandi bracciate e abbiamo esplorato il weird e i disturbing-drama, soffermandoci a osservarne le meraviglie subacquee. Ora però il fondale sotto di noi è blu come la notte e a stento vediamo i nostri piedi agitarsi per tenerci a galla. La linea delle boe è molto vicina, ma non abbastanza per non fare almeno una breve pausa e riprendere fiato. 

L'ultimo tratto è il più ostico. Sentiamo le braccia dolenti e il sale negli occhi. Qualche rifiuto galleggia in superficie e c'è odore di pesce marcio, odore di avariato: è il cinema della violenza estrema quello di cui siamo arrivati a parlare; film che colpiscono lo stomaco e il cervello, mandandoci KO a implorare un time-out. Un tratto di mare dal quale, anche nel caso in cui decideste di tornare a riva, non riuscirete mai del tutto a ripulirvi la pelle.

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Rape & Revenge

Una ragazza viene braccata, stuprata e umiliata da uno o più uomini che poi ne abbandonano il corpo inerme; lei però recupera le forze e va a cercare i suoi carnefici, torturandoli e uccidendoli. Il Rape & Revenge è un sottogenere che trova i suoi precursori ne La fontana della vergine di Ingmar Bergman del 1960 e nell'apocrifo remake L'ultima casa a sinistra di Wes Craven del 1972. Ma è solo sei anni più tardi che gli stilemi s'incarnano nel capostipite Non violentate Jennifer.

Quelle dei R&R sono trame standard, eppure numerose sono le variazioni degne di menzione: I spit on your grave 2 raggiunge sfiziose vette di sadismo; The seasoning house racconta il dramma di una ragazza sordomuta costretta a prostituirsi in un bordello nei Balcani; M.F.A. vede Francesca Eastwood (figlia di Clint) nei panni di una vigilantes, dopo essere stata stuprata a una festa. 

 

Savaged invece aggiunge un pizzico di soprannaturale: Zoe rimane uccisa durante lo stupro e torna in vita grazie a un rito sciamanico in cui viene posseduta dal vendicativo spirito di un capo Apache. Anche Irréversible di Gaspar Noé (film scandalo a Cannes nel 2002 in cui Vincent Cassel va alla ricerca dello stupratore della fidanzata Monica Bellucci) rientra parzialmente in questa categoria. Ulteriori derive sono Blood Sisters di Daisuke Yamanouchi (film esagerato dal punto di vista di sesso e violenza "granitica") e la serie La blue girl che indaga gli anfratti del tentacle rape.

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Serial killer

Basti pensare a Il silenzio degli innocenti o Seven per rendersi conto di quanto questi film siano una colonna portante del thriller moderno. Ma se pensate che Buffalo Bill e John Doe siano spietati, non vi siete mai confrontati con l'autentica follia. Che si tratti di ritratti di assassini reali (Albert Fish di John Borowski, My friend Dahmer di Marc Meyers) o vi traggano solo ispirazione, la psicologia dei serial killer ha sempre affascinato il cinema. Da The Boy a I am not a serial killer sino al capostipite Henry - Pioggia di sangue di John McNaughton, molti autori si sono posti il quesito: come nasce un serial killer?

Un meraviglioso quintetto di titoli può cercare di rispondere. The poughkeepsie tapes, mockumentary in cui la polizia trova uno scatola zeppa di vecchie VHS su cui sono registrate le gesta di un'omicida. Il neozelandese The Ugly, racconto frammentario a base di flashback, sogni a occhi aperti e racconti onirici che affrescano il doloroso passato del killer Simon Cartwright. Maniac (sia l'originale del 1980 che il remake con Elijah Wood) cronaca delle gesta di un maniaco che mutila le sue vittime e ne utilizza i macabri souvenir per decorare dei manichini. L'australiano Cat sick blues: dopo la morte del suo micio, un ragazzo si veste da gatto e va in cerca di 9 vittime convinto che il loro sangue riporterà in vita l'amata bestiola. Infine il messicano Atroz di Lex Ortega, vetta massima di questa sottocategoria.

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Orientali

Il cinema del Sol Levante si è sempre discostato dagli stili e dalla cultura occidentale. Nel panorama estremo si distingue per il suo alto tasso di violenza che spinge notevolmente più in là il confine del "mostrabile sullo schermo". Torture movie come Hostel o Saw sembrano commedie se paragonati a Grotesque (una coppia di fidanzati torturati da un sadico chirurgo) o alla saga di Guinea Pig (specialmente il secondo, Flower of flesh and blood). Interessanti (e raccapriccianti) le derive "alimentari" di questo tipo di cinema, come il thailandese Meat grinder (una venditrice di ravioli usa carne umana come base della sua farcitura) o i vari Squirmfest, Terrible meal e Bug eater, pellicole prive di una reale trama e consigliate solo a stomaci d'acciaio.

 

Menzione d'onore per il maestro Takashi Miike, di cui sono d'obbligo le visioni di Ichi the killer (un'omicida che riesce ad arrivare all'orgasmo solo attraverso il sadismo), Imprint (dramma di una prostituta dal passato oscuro) e il suo capolavoro, Audition: storia d'amore dall'epilogo agghiacciante che vi trascinerà "più giù, più giù, più giù" in un gorgo di dolore e sofferenza.

Estremi

Ovvero pellicole alle quali ci si deve approcciare solo con cognizione di causa. Oltre ad alcuni titoli citati nelle precedenti sottocategorie, cinque rappresentano il punto di non ritorno del mostrabile sullo schermo, qui presentati in un'ideale escalation. Slaughtered vomit dolls di Lucifer Valentine, storia di Angela, ragazza abusata, che vende la sua anima a Satana e sprofonda in un mondo di dolore, sofferenza e liquidi organici. Shock visivo allo stato puro che ha avuto tre seguiti.

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August underground's mordum di Fred Vogel, secondo capitolo di una trilogia il cui filo conduttore sono violenza e sadismo perpetrati da squilibrati, il tutto girato come se fosse un vero snuff. 77 minuti che indagano i più depravati istinti umani. À l'intérieur del duo francese Bustillo & Maury, in cui una madre single in procinto di partorire, sola in casa la notte di Natale, è presa di mira da un'inquietante donna vestita di nero. Rivisitazione dell'home invasion a base di gore, sadismo e un finale da pelle d'oca.

Sempre dalla Francia arriva Martyrs di Pascal Laugier, vero e proprio martirio di una ragazza caduta preda di una setta religiosa. Infine A serbian film, una piccola passione personale: la scena del parto è un chiodo che ho conficcato nel cervello da 5 anni, il punto più basso (o alto, fate voi) del cinema di fiction oltre il quale si stende solo la desolata landa del reale.

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