Saragozza, Spagna. Inizio anni Novanta. In una scuola media femminile gestita dalle suore, un gruppo di ragazzine sta provando un coro. Non c’è sonoro. Le vediamo solo muovere la bocca: stanno provando a cantare in playback. Poi l’insegnante dirà loro di usare la voce, tutte tranne tre o quattro che dovranno continuare a muovere solo la bocca. Fra queste vi è Celia Mateo, la giovane protagonista.
È il folgorante inizio di Las niñas, opera prima della regista spagnola Pilar Palomero, già presentato a Berlino e ora in concorso al 38° Torino Film Festival. Il film segue le vicende di un gruppo di giovanissime, in quell’età che non è più infanzia ma non è ancora adolescenza. Assistiamo alla progressiva, quasi inconscia, crescita delle giovani protagoniste e al nascere di un’amicizia, quella fra Celia e Brisa, la nuova compagna proveniente da Barcellona, che vive con i nonni perché rimasta orfana di entrambi i genitori.
Anche a Celia manca il padre. Vive da sola con la madre, che l’ha avuta da giovane da un rapporto con un uomo che Celia non ha mai conosciuto. Per lei il padre è morto prima della sua nascita. Ma questo è quanto la madre le vuole far credere. Perché in quella Spagna che a fatica stava uscendo da decenni di opprimente dittatura franchista, la società era ancora così profondamente impregnata di una cultura cattolica che percepiva come peccato qualsiasi rapporto avuto al di fuori del matrimonio.
Eppure in quella società qualcosa stava cambiando. Non solo le giovani protagoniste del film ne sono la testimonianza, con i loro primi approcci disorganizzati e ancora infantili al sesso. Anche la televisione (vediamo una puntata di uno dei tanti talk show presentati da Raffaella Carrà nelle tv spagnole) che osa parlare di preservativi. Così come il giubbotto di jeans con le toppe che indossa Brisa e che tanto piace a Celia è un indicatore di quell’anelito di libertà e di emancipazione culturale al quale i giovani aspiravano.
Con Las niñas, Pilar Palomero è convincente nel mettere in scena le vicende delle protagoniste e il loro passaggio dall’infanzia all’adolescenza, sottintendendo in parallelo lo stesso percorso di crescita di un paese che stava lentamente vedendo la luce, risalendo dall’abisso in cui era sprofondata.
Ed è altresì brava a focalizzare l’ambientazione del film in due luoghi contrapposti. Da una parte c’è l’interno della scuola religiosa, nel quale le ragazzine seguono i precetti e vengono preparate a una esistenza devota all’interno del matrimonio. Le osserviamo imparare il cucito, scrivere temi dove il soggetto è Gesù, andarsi a confessare senza avere, in realtà, alcun peccato sulla coscienza. Ma forse, per quella società, il più grave peccato è quello di esser donna e volersi emancipare. Dall’altra c’è il mondo di fuori, con le riviste che parlano di erotismo, le prime sigarette fumate senza aspirare, i primi bicchieri di liquori bevuti per gioco. Le discoteche e le prime corse in moto abbracciate a un ragazzo.
E soprattutto ci sono le domande che, a un certo punto Celia inizia a porsi e a porre alla madre. Sul suo passato, su chi era suo padre, sui nonni che non conosce perché hanno ripudiato la figlia, colpevole di essersi fatta mettere incinta al di fuori del matrimonio. E c’è ovviamente la ritrosia degli adulti a rispondere a domande che implicano il doversi mettere in discussione.
Racconto di formazione e di crescita di una ragazzina e di tutto un paese, che termina con una scena che si ricollega all’incipit, facendoci capire la volontà forte delle nuove generazioni di affrancarsi dal passato. Las niñas è sicuramente una bella prova registica, con la macchina da presa che segue passo dopo passo le giovani protagoniste (interpretate da un gruppo di bravissime interpreti), cogliendone gli sguardi, ora impauriti, ora complici, ma col desiderio mai celato di aprirsi al mondo. Lasciandosi per sempre alle spalle la cupezza di un paese per troppo tempo relegato ai margini.
Regista: Pilar Palomero
Sceneggiatura: Pilar Palomero
Colonna sonora: Carlos Naya
Fotografia: Daniela Cajías
Montaggio: Sofia Escudé
Interpreti: Natalia de Molina, Carlota Gurpegui, Andrea Fandos