Sono passati dieci anni esatti da quando il Festival di Cannes azzardò la Palma d'oro a un film difficile già soltanto a nominarlo: Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, del regista tailandese Apichatpong Weerasethakul. Fu grazie a quel prestigioso riconoscimento che la pellicola ebbe un minimo di distribuzione e visibilità; non è escluso che Torino azzardi a sua volta di premiare questo Casa de antiguidades, titolo originale di Memory House, film che avrebbe a sua volta bisogno di attenzioni e affezioni tutte particolari. Ma sono molte altre le parentele tra le due opere, pur così distanti anche geograficamente.

Siamo in Brasile ai nostri giorni. Un sessantenne di colore lascia il villaggio per spostarsi al sud, dove trova lavoro in una centrale del latte; finito in una colonia bianca di austriaci razzisti e xenofobi, Cristovan si sistema in una casa abbandonata nella foresta, che si trasforma presto in una sorta di porta magica sul suo passato: una tana, un rifugio ancestrale pieno di richiami quali un corno, una panterna nera, dei misteriosi graffiti.
Un sogno ad occhi aperti che continua anche fuori, a cominciare dal bar dove incontra Jenifer, “giaguaro biondo” che risveglia in lui istinti paterni. Solitario e taciturno, bersaglio di soprusi (dal capo dell'azienda) e crudeltà (da un gruppo di ragazzini), Cristovan non è però l'eroe buono della favola e finisce per alzare le mani sulla madre di Jenifer. «Chi credi di essere, un animale?» gli chiede l'anziana donna.
E allora, prima sotto le spoglie di un mandriano (che «sconfigge anche il male, se Dio vuole») e poi del toro, Cristovan si trasformerà nell'animale, diventando vittima sacrificale in balìa di un finale aperto. Non è un caso che venga proprio dal Brasile una pellicola così immaginifica, che affronta le complessità di uno dei paesi più grandi al mondo col piglio del realismo magico.

Un'opera metafisica e carnevalesca, tra Kubrick e Lynch, tra un racconto di Bioy Casares ed un quadro di Henri Rousseau.
Film ambizioso e pieno di (troppi) spunti, ai quali João Paulo Miranda Maria abbandona uno spettatore sopraffatto e affaticato; perchè all'inganno iniziale della scena nello spazio, seguono momenti tragicomici (il colloquio di lavoro, la scena di sesso), altri violenti, altri ancora quasi horror. Casa de antiguidades è una sfilata di maschere e carri allegorici che non lascia spaesato solo il protagonista: si addentra in una foresta di simboli e richiami ma finisce per perdercisi dentro. Difficile entrarci, difficile capire bene da che parte guardarla, difficile anche uscirne.

Genere: drammatico
Titolo originale: Casa de antiguidades
Paese, Anno: Brasile, 2020
Regia: João Paulo Miranda Maria
Sceneggiatura: João Paulo Miranda Maria
Fotografia: Benjamín Echazarreta
Produttore: Didar Domehri, Denise Gomes, Paula Cosenza
Produzione: Brasile, Francia
Colonna Sonora: Nicolas Becker
Durata: 87'