Negli Stati Uniti il razzismo è un problema serio. Negli ultimi anni, la politica sconsiderata di Donald Trump non ha contribuito di certo a raffreddare gli animi; e il tema è tornato a essere urgente dopo l’omicidio di George Floyd nel maggio 2020, che ha riportato alla ribalta il movimento Black Lives Matter. Il cinema ha risposto all’appello della società con prodotti di denuncia come Da 5 Bloods, Il quarto processo, Lovecraft Country… persino Borat 2! Ma senza negare l’importanza del cinema come strumento di denuncia, bisogna considerare anche il modo in cui tale strumento viene usato.
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Antebellum, per esempio, horror arrivato lo scorso 14 dicembre su Prime Video, è quanto di più pacchiano ci possa essere
È un film confezionato benissimo. Fotografia patinata e bravi attori, c’è pure Jena Malone che fa la cattiva. Il problema è che non c’è un filtro. Non esistono simbolismi, metafore, sottotesti o chiavi di lettura: tutto è spiattellato in faccia allo spettatore (evidentemente, considerato un cretino) in maniera talmente didascalica da risultare fastidiosa.
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Antebellum racconta la storia di due donne (entrambe interpretate dalla brava Janelle Monà e) in due epoche diverse. Da una parte c’è Eden, schiava in una piantagione del Sud durante la Guerra di Secessione; dall’altra abbiamo Veronica, scrittrice di successo e attivista per i diritti dei black.
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Cosa collega queste due donne, le cui vite si svolgono in piani temporali diversi? Un flashback del passato, incubi ricorrenti? Un’ucronia, una distopia? Ovviamente, capire come incastrare queste due facce nella stessa medaglia è il fulcro del film, che viene svelato solo nel finale.​
Come accennavamo, dal punto di vista tecnico non si può rimproverare nulla agli esordienti Gerard Bush e Christopher Renz: basta l’incipit del film, con i titoli di testa che scorrono su un pianosequenza di 3 minuti, che ci presenta i personaggi principali e la piantagione, a far intuire la loro autorialità . E qui, ecco che un primo nodo viene al pettine.
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Uno dei problemi di Antebellum sta nel suo essere un horror… camuffato da film d’autore, forse per renderlo più vendibile a quei cinefili (o presunti tali) che hanno ancora l’arcaica convinzione che l’horror sia un genere minore. O che non sappia o non possa fare denuncia. Peccato che l’horror sia, storicamente, uno dei generi più politici del cinema. Ma non ditelo alla critica snob.
Immaginiamo il brainstorming tra Bush e Renz: qual è il simbolo per eccellenza dell’oppressione dei neri? Le piantagioni di cotone. Bene, allora ambientiamo metà del film in un latifondo sudista, con i neri trattati come bestie, e vedi che diventiamo subito politici e impegnati. Purtroppo, o per fortuna, non funziona così.
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Soprattutto se poi prendi la candidata all’Oscar Gabourey Sidibe e le fai un interpretare un personaggio che è un concentrato di stereotipi del ghetto trapiantati nella medio/alta borghesia. Una che in abito elegante, tutta truccata bene, seduta con le amiche in un ristorante di lusso, quando un ragazzo l’abborda risponde: «Avresti dovuto cercare un contatto visivo con me, scopandomi con gli occhi», prima di togliersi un biglietto da visita nascosto dentro il reggiseno.
Antebellum vuole denunciare il razzismo, ma lo fa senza originalità , finendo per intrappolare i suoi personaggi dentro clichè e in una trama grossolana.
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Il problema è che non è il solo film a incappare in questo tranello. La moda di fare horror di denuncia (o meglio, film di denuncia pretestuosamente camuffati da horror) pare dilagante. Quasi come quella di paragonare qualsiasi horror che parla di razzismo (o che, anche solo, ha protagonisti black) a Get Out, come nel caso di His House, o pretendere di vedere ovunque l’horror politico. Sono più di 50 anni che l’horror denuncia il razzismo, se siete appassionati di questo genere di esempi ce ne sono tanti: basta solo cercare nella storia del cinema.
Genere:Â horror, thriller
Titolo originale:Â Antebellum
Paese/Anno:Â USA, 2020
Regia:Â Gerard Bush, Christopher Renz
Sceneggiatura:Â Gerard Bush, Christopher Renz
Fotografia:Â Pedro Luque
Montaggio:Â John Axelrad
Colonna sonora: Nate Wonder, Roman Gianarthur
Produzione:Â QC Entertainment, Lionsgate Films
Distribuzione: Amazon Prime Video
Durata:Â 105'