Fabrizio De Andrè nei suoi brani ha raccontato luoghi, personaggi e idee che non abbiamo mai più dimenticato: ma quali sono i film che, più di altri, hanno dato immagine ai pensieri di Faber? Una nostra, soggettiva, selezione dei migliori
18 febbraio 1940 - 11 gennaio 1999. Fra queste due date è trascorsa la vita di Fabrizio De André, uno fra i più importanti cantautori italiani del secolo scorso. Ma anche un intellettuale, figlio della ricca borghesia, però mai funzionale a essa. Perché quella borghesia, nei suoi testi, De André l’ha criticata, sbeffeggiata e osteggiata, privilegiando un mondo marginale fatto di sottoproletariato. Di un’umanità che rappresenta la parte più umile e, allo stesso tempo, più vera della società.
Cantava Faber (nomignolo datogli da Paolo Villaggio, suo grande amico): «Dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior». Nelle sue canzoni, che hanno riscaldato mente e cuore di svariate generazioni, Fabrizio De André ha descritto un mondo che sicuramente negli anni ha subito delle trasformazioni ma che, di fatto, non è mai scomparso. La gente di via del Campo, tutti i Piero che vanno a combattere guerre che non capiscono continueranno a esistere per sempre. Come anche i testi e la musica di questo maitre à penser della canzone italiana.
Ora, visto che noi amiamo sia il cinema sia le canzoni di De André, abbiamo provato a focalizzarci sui personaggi, sui luoghi e sui temi ricorrenti nei suoi testi, associando a essi film che, per i temi trattati, i protagonisti e le ambientazioni, potrebbero benissimo entrare a far parte di una ipotetica antologia del cinema deandreiano. Ecco la nostra selezione.
I luoghi di Fabrizio De André al cinema
1) Pietro Marcello e la Genova di De Andrè
Città sdraiata fra il mare e la montagna, Genova è il luogo che Fabrizio non ha mai abbandonato. È descritta egregiamente in La bocca del lupo di Pietro Marcello (2010), film realizzato con un taglio documentaristico ma che non disdegna momenti di pura poesia. È la storia di Enzo, un ex detenuto che si riunisce a Mary, una transessuale conosciuta in carcere e della quale si è innamorato.
Marcello ha realizzato un’opera che, se da un lato è la tenera storia d’amore fra due personaggi ai margini (che sarebbero stati sicuramente apprezzati da De André), dall’altro rappresenta uno spaccato lucido di una città complessa, ben descritta grazie anche alla bella fotografia e ai numerosi filmati d’epoca che arricchiscono il film.
2) La Sardegna al cinema, prima e dopo de Andrè
De Andrè, che ama la Sardegna sin dalla sua giovinezza, realizza infine il sogno di andarci a vivere e aprire una azienda agricola. Una terra aspra che, sebbene amata, non ha risparmiato né a lui né alla compagna Dori Ghezzi, il dolore di un rapimento durato mesi e trascorso al freddo delle montagne della Barbagia. Faber l’ha cantata spesso. Da Hotel Supramonte, che parla del sequestro, a Franziska; da Zirichiltaggia a Il canto del servo pastore; fino a Disamistade, storia di una faida scritta a quattro mani con Ivano Fossati.
Molti sono i film ambientati in Sardegna, il cui sguardo è allineato a quello di De Andrè. A partire da Banditi a Orgosolo (1961) del grande documentarista Vittorio De Seta. Per arrivare a Padre padrone dei fratelli Taviani (1977) tratto dall’omonimo romanzo di Gavino Ledda. Da segnalare anche la poetica di Bonifacio Angius, filmmaker sassarese, con all’attivo due lungometraggi: Perfidia (2014) e Ovunque proteggimi (2018).
3) Storie di Mediterraneo
Da quanto racconta Mauro Pagani, De André era estremamente meticoloso nel comporre i suoi pezzi. Li cesellava sino allo sfinimento per giungere a un prodotto di altissima qualità. Come nell’album Crêuza de mä, cantato tutto in genovese e musicato con sonorità che attingono al bacino del Mediterraneo.
A raccontare questo mare con gli occhi di Faber ci riesce bene Bruno Bigoni con I colori del vento (2011), un viaggio attraverso il Mediterraneo che prende spunto dai testi e dalle sonorità di Crêuza de mä. Imbarcatosi su un cargo, il documentarista milanese ha toccato numerosi porti raccontando, per ognuno di essi, le storie, i personaggi e le culture. In ogni luogo Bigoni ha raccolto numerose, toccanti testimonianze.
Il cinema dei personaggi raccontati da De André
4) Storie di emarginati
«Ma se capirai se li cercherai / fino in fondo / se non sono gigli son pur sempre figli / vittime di questo mondo»: così cantava De André ne La città vecchia, canzone fra le più celebri del suo primo periodo. Rendendo l’idea del suo pensiero per chi sta in fondo alla scala sociale, i reietti, i ladri, i disperati senza voce che De André aveva restituita.
Tra i film che meglio parlano di persone collocate ai limiti della società, ci sono quelli dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. Su tutti Rosetta (1999), film vincitore della Palma d’Oro a Cannes, con protagonista una giovane disoccupata che vive con la madre alcolizzata in una periferia di Liegi. Degrado e povertà vengono raccontati con una sceneggiatura asciutta ed essenziale in una storia nella quale i protagonisti sprofondano sempre più in un vortice di disperazione.
Anche i personaggi di Ken Loach appartengono, per lo più, a una working class sempre più messa ai margini della società. Come in Ladybird Ladybird (1994) in cui Maggie, donna disadattata e abusata durante l’infanzia da genitori alcolizzati e violenti, costantemente controllata dai servizi sociali, si vedrà sottrarre l'affidamento dei figli.
Per quanto riguarda il cinema italiano ricordiamo il primo lungometraggio di Pier Paolo Pasolini Accattone (1961), ritratto impietoso di una periferia romana nella quale si muovono personaggi miseri in un paesaggio urbano degradato. Parlando di film più recenti sono marginali, in un mondo che considera la malattia mentale come aspetto deviante della nostra società, i matti che Ascanio Celestini mette in scena in La pecora nera (2010).
Emarginati sono anche i protagonisti dei film di Claudio Caligari, compianto regista morto prematuramente pochi anni fa, che ha firmato bellissimi ritratti cinematografici di tossici e piccoli delinquenti che si muovono nella periferia romana. Della scarna filmografia del regista, particolarmente attinenti al tema sono Amore tossico (1983), film interpretato da attori non professionisti con un linguaggio estremamente crudo e realista e Non essere cattivo (2015), sua ideale continuazione.
5) Storie di prostitute
Da Princesa, viados che «a un avvocato di Milano / regala il cuore / e un passeggiare recidivo / nella penombra di un balcone», passando per le bagascie che «ä dumenega fan u gíu» per le strade dei quartieri di Genova, De André in tutta la sua carriera ha cantato transessuali e prostitute della città vecchia, spesso ammantando questi personaggi di un’aura mitica e addolcendo così la loro vita di stenti.
Ricordando celebri storie cinematografiche di prostituzione, non possiamo che pensare a Adua e le compagne, film del 1960 di Antonio Pietrangeli che affronta il tema della chiusura delle case di tolleranza per effetto della Legge Merlin, approvata due anni prima. Con un cast importante (Simone Signoret, Sandra Milo, Emmanuelle Riva, Marcello Mastroianni, Ivo Garrani, Gianrico Tedeschi) il film di Antonio Pietrangeli rappresenta senza dubbio un ottimo ritratto dell’emarginazione femminile.
Non si può dimenticare, ovviamente, Mamma Roma di Pasolini (1962), drammatico ritratto di una prostituta romana (Anna Magnani) intenzionata a cambiare vita per amore del figlio, ma costretta dal protettore a continuare il mestiere.
6) Racconti rom
De André si avvicina alla cultura rom stimolato dall’idea di inserire nell’album Anime salve una canzone che parli espressamente di loro. Approfondendone lo studio, scrive un testo che bene ne rappresenta la cultura: d’altra parte lo stesso titolo della canzone, Khorakhané, che in lingua romanès significa a forza di essere vento, ben sintetizza lo spirito libero del popolo rom.
Seguendo il vento che si muove libero senza confini, suggeriamo la visione della trilogia del regista francese di origini gitane Tony Gatlif dedicata, per l’appunto, al mondo rom: L’uomo perfetto (1982); Latcho Drom (1993) e Gadjo dilo - Lo straniero pazzo (1997), con i quali affronta vari aspetti legati alla loro storia, al loro stile di vita e alla condizione alla quale, oggi, sono obbligati a vivere nella nostra società.
Da non scordare anche Emir Kusturica: sebbene spesso contestato per le sue prese di posizione nazionaliste, al mondo zigano ha dedicato alcune pellicole di successo, fra cui Il tempo dei gitani (1988) e Gatto nero, gatto bianco (1998).
7) Gli omosessuali
Non sono molte le canzoni di Faber che parlano espressamente di omosessualità. Si tratta, in ogni caso, di testi molto importanti nella sua discografia. Oltre alla già citata Princesa, ricordiamo Andrea, racchiusa nell’album Rimini, in cui il protagonista, affranto per la morte in guerra del suo compagno, si suicida gettandosi in un pozzo.
In uno slancio di immaginazione, immaginiamo che a Faber sarebbero piaciuti I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee (2005), storia d’amore tra due cowboys, ambientata sulle montagne del Wyoming negli anni Sessanta; così come La terra di Dio, scritto e diretto da Francis Lee (2017), sulla relazione fra due allevatori di pecore dello Yorkshire.
8) Gli Indiani
Con il disco del 1981, quello normalmente conosciuto come L’Indiano per la copertina che riproduceva un quadro di Frederic Remington con un nativo americano a cavallo, De André, a seguito dell’esperienza del sequestro, fece un parallelismo fra gli emarginati sardi e gli Indiani d’America. Agli occhi di Fabrizio anche i suoi sequestratori non erano altro che vittime manovrate da altri. Sviluppò quindi la convinzione che i suoi carcerieri potessero essere assimilati agli Indiani rinchiusi nelle riserve. Come loro, anche i sardi erano vittime ghettizzate nella loro terra depredata e dal potere.
Nel disco c’è una canzone parla espressamente del genocidio dei nativi. Si tratta di Fiume Sand Creek che fa riferimento, unendoli, a due massacri: quello di Sand Creek, appunto e quello di Washita, nel quale a essere sterminate furono pacifiche tribù Cheyenne.
E proprio questa canzone che porta alla mente due western usciti nel 1970, i primi decisamente “dalla parte degli Indiani”, imperniati su queste pagine poco edificanti della storia americana. Si tratta di Soldato blu di Ralph Nelson che fece scalpore per la scena del massacro girata in maniera estremamente cruda e violenta e Piccolo Grande Uomo di Arthur Penn, nel quale il protagonista, personaggio di fantasia, è un bianco che vive con gli Indiani e che scampa prima al massacro di Sand Creek e, successivamente, a quello di Washita.
Religione e politica, da De Andrè al cinema
9) Uno sguardo laico su Gesù Cristo
L’interesse per la religione che De André ha mostrato sin dalle sue prime canzoni (Si chiamava Gesù, Spiritual, Preghiera in gennaio) si è sempre esplicitato attraverso un approccio laico dove, al centro, veniva posto l’uomo. Per De André, Gesù non fu altri che un uomo, «offeso e ucciso dal potere». Tale visione laica viene sviluppata in maniera organica mediante un intero concept disc, La buona novella, uscito a ridosso degli anni caldi del ‘68.
Cosa poteva esserci di maggiormente rivoluzionario di un disco che metteva al centro il Cristo uomo vittima del potere e il potere maschile sulla donna (Maria che viene abusata dai sacerdoti nel Tempio)? Un album che dava voce anche al popolo: al falegname costretto a costruire le tre croci; al ladrone che non rinnega nulla poiché ha sempre agito, magari sbagliando, da uomo e denunciando l’ipocrisia del potere; alle due madri che avrebbero visto i loro figli morire crocefissi accanto a Gesù e che a Maria dicono che solo a loro spetta il diritto di piangere i figli perché lei vedrà il suo risorgere il terzo giorno.
Tutta questa umanità raccontata da De Andrè in questo splendido album tratto dai Vangeli apocrifi la si ritrova ne Il Vangelo secondo Matteo, capolavoro di Pier Paolo Pasolini (1964) che mette al centro, più che il Gesù figlio di Dio, il Gesù uomo contro il Potere.
10) L’antimilitarismo
Concludiamo questa carrellata di film ispirata alle tematiche care all’artista genovese con opere che hanno, come tema di fondo, l’antimilitarismo. De André era profondamente antimilitarista e molte sono le canzoni che ne parlano: La guerra di Piero, Andrea, Girotondo, Sidun, ad esempio.
Uomini contro (Francesco Rosi, 1970), ambientato durante la Prima guerra mondiale e ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull’altopiano, è un atto di denuncia nei confronti della follia della guerra.
Simili per le tematiche affrontate sono il capolavoro di Stanley Kubrick Orizzonti di gloria (1957) e All’ovest niente di nuovo (1930) produzione americana diretta da Lewis Milestone e tratta dal romanzo di Eric Maria Remarque. Tutti e tre questi film ebbero notevoli problemi con la censura in quanto accusati di essere oltraggiosi nei confronti dell’esercito.
Arrivando a tempi più recenti val la pena ricordare La vita e niente altro di Bertrand Tavernier (1989), dolente film sulla ricerca e il recupero dei morti della Grande Guerra e il recentissimo 1917 (Sam Mendes, 2020), film che presentano un potente messaggio antimilitarista.
Infine, terminiamo questa carrellata di film che si sposano con i temi cari a Fabrizio citando La ballata dell’eroe, canzone antimilitarista scritta da De André nel 1961 e cantata da Luigi Tenco nel film di Luciano Salce La cuccagna (1962). Lo stesso Tenco volle a tutti i costi inserirla nel film. Luigi Tenco, che morì suicida in una stanza d’albergo a Sanremo nei giorni del Festival e al quale Fabrizio, che gli era amico, dedicò la commovente Preghiera in gennaio all’indomani della sua tragica scomparsa.